Tra il dire e il fare c’è di mezzo il welfare

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il welfare

I piani di cura e benessere per le persone non servono solo per creare engagement. Possono essere la leva per allineare i collaboratori a vision e mission dell’impresa.

 

A distanza di oltre tre anni da quella che comunemente è considerata la rivoluzione del welfare aziendale – la legge di Stabilità 2016 – è tempo dei primi bilanci. Mentre i player di mercato si sono posizionati in modo inequivocabile rispetto ai due macrotrend del welfare – quello retributivo e il suo alter ego, quello sociale (il primo fa riferimento ai beni e servizi che integrano la retribuzione, il secondo è orientato a dare risposte ai bisogni più profondi dei dipendenti), le aziende si stanno ora concentrando sul valutare gli effetti dei primi anni di attuazione dei piani di benessere.

 

Per la verità l’analisi è più propria delle grandi aziende che non delle PMI, visto che queste ultime sono ancora in leggero ritardo in fatto di applicazione, nonostante – come dimostrato dai dati del Rapporto Welfare Index Pmi 2019, promosso da Generali Italia – le Piccole e medie imprese che hanno attivato iniziative di welfare aziendale hanno raggiunto il 45,9%, raddoppiando il dato fatto registrare nel 2016 (25,5%).

 

Smaltita dunque l’euforia dell’attivazione di beni e servizi che le norme consentivano di godere con vantaggiosi sgravi fiscali – gli aggiornamenti della normativa ne hanno, di volta in volta, ampliato il panel  – e che hanno trasformato il welfare in una commodity, oggi le imprese più evolute si interrogano su quanto il welfare sia allineato con vision, mission e obiettivi.

 

La ‘moda’ di attivare i piani di benessere sta lasciando spazio a riflessioni più evolute che implicano l’impostazione di una strategia che non si limiti all’attivazione di una piattaforma e al suo riempimento di attività da far svolgere ai dipendenti. Il tema all’attenzione di chi si occupa di welfare è diventato quello di censire i beni e servizi messi a disposizione dall’azienda per le proprie persone, inserirli in una strategia più ampia e complessa che tenga conto degli obiettivi dell’organizzazione, con il fine ultimo di estrarne valore.

 

Orientare i piani rispetto alla mission

 

Fonti molto autorevoli del settore raccontano che spesso le imprese, concentrate più sugli aspetti fiscali del welfare che non sulla sua valenza sociale, sono rimaste imbrigliate in pacchetti di benefit indistinti; sebbene anche questi siano in grado di dare qualche risposta alle necessità dei dipendenti, non bastano per creare un reale engagement e per trasformarsi in leva di attrazione nei confronti di potenziali nuovi lavoratori.

 

Si consideri, inoltre, che nonostante recenti ricerche abbiano evidenziato come le persone tendano a chiudersi nella loro piccola ‘comunità’ fatta dall’individuo e da pochi a lui vicini, c’è una tendenza a considerare l’azienda come il luogo ideale per la ricostruzione del senso – oggi perso – di comunità più ampia. È allora in questo senso che il welfare può diventare una leva strategica. E lo storytelling diventa fondamentale per raccontare ciò che l’impresa mette a disposizione delle persone, legando il welfare stesso all’identità dell’organizzazione.

 

È noto, per esempio, che esistono aziende che hanno attivato convenzioni stand alone di vario tipo: consulenza assicurativa, sportello salute, consulenza psicologica, sono tra le più gettonate. Si tratta di servizi più vicini a una visione ‘sociale’ del welfare che non legata ai flexible benefit e al tema degli sgravi fiscali. La sfida è dunque quella di costruire un piano che tenga conto di quanto l’impresa offre alle sue persone e contemporaneamente di raccontarlo in maniera adeguata. Il rischio, altrimenti, è la limitata adesione a quanto proposto (e per cui di certo qualcuno ha investito tempo e risorse), con la conseguente perdita di un’occasione per generare valore per l’organizzazione stessa.

 

Raccontare le iniziative secondo una strategia

 

Un esempio virtuoso che ci viene in aiuto per spiegare il concetto è Engie Italia, filiale italiana dell’azienda energetica francese ex Gdf Suez che opera nel settore della produzione e distribuzione di energia elettrica, nel settore del gas naturale e dell’energia rinnovabile. L’azienda ha gestito di recente un importante cambio di mission, candidandosi a diventare leader nella transizione energetica verso le zero emissioni di anidride carbonica. Questa scelta ha imposto l’attivazione di numerose attività con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza delle proprie persone sull’impatto ambientale dell’organizzazione. Per esempio è stata costruita una nuova sede più green e sono state introdotte le auto ibride, mettendo al bando quelle alimentate a diesel.

 

Sul fronte delle iniziative di welfare, Engie Italia ha lanciato lo Smart working, legandolo appunto al tema della riduzione dell’impatto ambientale. È noto, infatti, che adottare il lavoro agile permette, tra i vari vantaggi, di risparmiare tonnellate di anidride carbonica immessa nell’ambiente (basti pensare che si riducono i viaggi casa-lavoro). Inoltre l’azienda ha promosso alcuni servizi di ‘micro-benessere’ come il supermercato interno, gestito da un player esterno, per i piccoli acquisti quotidiani che consente, pur nella sua semplicità, di risolvere problemi comuni a tanti dipendenti (si pensi a chi si precipita fuori dall’ufficio non appena termina l’orario di lavoro per raggiungere il supermercato di fiducia).

 

Altre iniziative di Engie Italia hanno poi riguardato l’ambito della diversity-inclusion per includere il personale Senior – in azienda l’età media è 48 anni – ma pure per svolgere attività di Reverse mentoring (i Junior che ‘insegnano’ ai Senior); in tema di diversità di genere, l’azienda ha attivato progetti per aumentare il numero di donne presenti nel team, visto che il settore è a ancora trazione maschile.

 

Considerate nella loro singolarità, le iniziative difficilmente avrebbero permesso di raggiungere l’obiettivo prefissato; riunite in una strategia unica e chiara, e soprattutto raccontate nel modo adeguato si sono trasformate nella leva per aumentare l’ingaggio delle persone rispetto agli obiettivi di base dell’organizzazione. E nel frattempo per fare un passo avanti in tema di sostenibilità ambientale.

 

L’articolo è stato pubblicato su Touchpoint Magazine, nella rubrica ‘Comunicazione e Welfare’ curata da Tuttowelfare.info.

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