Così la formazione diventa un’arma di engagement
Mappare le competenze interne, puntare sulle figure con maggior potenziale, avviare programmi di reskilling o up skilling. In questo modo le aziende possono fare rotta sulla formazione. Con tre obiettivi: superare le fragilità, colmare il gap culturale e restare competitivi sui mercati globali.
«Sul posto di lavoro le persone hanno una costante richiesta di attenzione. Hanno bisogno continuamente di riconoscimenti e arrivano più fragili in azienda, nonostante le competenze siano avanzate. Quindi vanno accompagnate in modo più costante e mirato». A parlare è Lara Ponti, consigliere di amministrazione e Hr & development manager di Ponti, azienda piemontese specializzata nella produzione di aceto e conserve. Una caratteristica riscontrata anche in diverse altre imprese. Ciò significa che la formazione è destinata a diventare sempre più importante nelle aziende al pari dell’engagement, di quella necessità di coinvolgere il personale di cui tanto si parla di questi tempi, condizione sine qua non per il successo delle imprese moderne che si trovano a operare in mercati complessi, globali e mutevoli. «L’innovazione, del resto si fa anche attraverso le capacità personali dei dipendenti, le loro attitudini e abilità trasversali che non sono caratteristiche comuni a tutti. La funzione Hr deve essere in grado di cercarle, coltivarle e mantenerle all’interno dell’azienda», ha aggiunto Ponti. Anche perché nel 2020 in tutta Europa ci saranno 2 milioni di posti di lavoro vacanti per mancanza di skill adeguate e la strategia di allontanare le persone che non posseggono le competenze giuste per affrontare i nuovi scenari economici non funziona per una semplice ragione: non c’è ancora abbastanza personale sul mercato con le giuste competenze. Un trend destinato a durare almeno altri 10 anni secondo gli esperti.
Meglio riorientare e potenziare il personale interno
Dunque una soluzione possibile è puntare sul reskilling (riorientare) o sull’up skilling (potenziare), di risorse che le imprese hanno già all’interno del loro organigramma. Partendo da una mappatura delle competenze che consente di individuare tra il personale interno le figure con maggior potenziale che, se adeguatamente formate, possono assumere le conoscenze necessarie per rispondere agli obiettivi di business dell’impresa. «In questo contesto tutti sono chiamati a tirar fuori le proprie capacità, oltre alle competenze», ha detto Barbara Preti, direttore delle risorse umane di Avio Aero. Alle aziende il compito prima di verificare le capacità di apprendimento di nuove competenze dei loro dipendenti e poi quello di alimentarle supportando le persone ad assimilare le nuove conoscenze. «Ma le aziende che si muovono in questa direzione sono ancora troppo poche perché è un intervento che richiede prima di tutto mirati investimenti in formazione e tempo», avverte Francesca Contardi, managing director di EasyHunters, società di ricerca e selezione di personale qualificato e di quadri e dirigenti. Ma fra poco saranno costrette a imboccare questa strada se non vogliono perdere terreno sul delicato fronte della competitività