L’evoluzione del welfare aziendale: benessere, sostenibilità e sviluppo del territorio
Le imprese che adottano strumenti per assicurare il well-being dei lavoratori sono in aumento. E anche provider e piattaforme sono cresciuti in modo esponenziale da quando è possibile convertire il Pdr. Ma c’è ancora molto margine per pratiche innovative.
L’attuale scenario socio-economico, la crisi dello Stato sociale e gli incentivi fiscali introdotti dalla legge di Stabilità 2016 hanno dato impulso alle pratiche di welfare aziendale. E l’evoluzione dello strumento è ancora in corso.
Durante la tappa di Padova dell’evento Wellfeel, di cui Tuttowelfare.info è stato Media Partner, una tavola rotonda composta da esperti del settore ha discusso i modi per innovare e i territori da esplorare in ambito di benessere organizzativo.
“Una politica di innovazione a livello territoriale può portare qualcosa in più nel welfare aziendale. Inoltre, con una policy di impatto sociale, si può puntare a un’integrazione e allo sviluppo dei servizi sociali nel territorio”, ha spiegato Valentino Santoni, Ricercatore di Percorsi di secondo welfare.
Insieme con Aiwa, Associazione italiana welfare aziendale, che conta tra gli iscritti 16 dei provider più grandi, il laboratorio di ricerca ha realizzato uno studio sul mercato del welfare aziendale. “Da quando è possibile convertire il Premio di risultato (Pdr) in welfare, i provider sono cresciuti in modo esponenziale”.
La ricerca ha rilevato che dal 2015 al 2018 sono aumentati non solo i provider, ma anche le piattaforme che offrono servizi di welfare. “Nel 2018 c’erano 2 milioni di lavoratori presenti sulle piattaforme. In media, i Pdr convertiti in welfare ammontavano a circa 5-600 euro”. A fianco a questi dati positivi che confermano la diffusione dello strumento, sono emersi, però, anche dei problemi. “Un quarto del budget disponibile per il welfare rimane nelle piattaforme e non viene speso. È una percentuale alta: bisogna trovare una soluzione”.
Il ricercatore ha sottolineato anche che, dopo il triennio 2016-2018, non ci sono state grandi riforme e novità sul fronte del welfare nelle leggi di bilancio. La lettura di Percorsi di secondo Welfare su questo dato è duplice. “La possibilità di conservare la fiscalità vantaggiosa sul Pdr e sulla sua conversione in servizi di welfare non era scontata fino a qualche mese fa. Non c’è stata una nuova tassazione e quindi l’aver mantenuto la normativa così com’è è positivo. Ma ci sono altri aspetti che andrebbero invece riformati”, ha aggiunto Santoni.
Il coinvolgimento del territorio nel welfare aziendale
Una delle nuove frontiere del welfare è il coinvolgimento e la valorizzazione del territorio e della comunità in cui l’impresa è radicata per promuovere uno “stare bene” comune, dentro e fuori l’azienda. In questo ambito, Annalisa Cristellon, Area lavoro, Previdenza ed Education di Confindustria Vicenza, ha segnalato il progetto sperimentale WelfareMeet, ideato dall’Associazione degli Industriali berica. “Aiutiamo gli associati con le nostre risorse interne, fornendo loro tutti gli strumenti necessari per realizzare un piano di welfare aziendale”.
Tra i servizi offerti ci sono: la mappatura dei dipendenti; la predisposizione degli accordi con i fornitori locali; la consulenza tecnica e fiscale; l’assistenza con le trattative sindacali e la definizione di un regolamento aziendale; un portale web per gestire le richieste ai fornitori e i rimborsi. “L’obiettivo è quello di ottenere un maggiore coinvolgimento delle aziende e di valorizzare il territorio attraverso i fornitori locali. Il servizio che abbiamo attivato funziona e i numeri lo dimostrano. Per questo va potenziato”.
Confindustria Vicenza sostiene anche altri progetti per valorizzare il territorio vicentino attraverso servizi di welfare, come quello portato avanti da SmartLand attraverso un bando della Camera di Commercio di Vicenza per recuperare le aree produttive dismesse e utilizzarle per implementare progetti di welfare. L’Associazione ha anche raccolto le istanze dei lavoratori del territorio attraverso un questionario diffuso in 1.400 aziende. “Sono emerse molte richieste di orario flessibile e servizi mirati alla conciliazione vita-lavoro”.
Da qui è nato l’appoggio per un progetto sviluppato su iniziativa dei Comuni vicentini di Chiampo, Arzignano e Montebello. Un’analisi dell’Università di Padova, infatti, rileva che il tratto di strada che li collega è spesso molto trafficato e che, allo stesso tempo, nella maggior parte dei casi c’è solo una persona per auto. “Stiamo sensibilizzando le aziende di quel territorio per incentivare soluzioni alternative, come il car pooling, il car sharing o l’uso delle biciclette”.
Welfare a misura di impresa: reti con le amministrazioni locali per le Pmi
La riflessione di Samuel Scavazzin, Segretario Organizzativo Amministrativo di Cisl Padova e Rovigo, prende le mosse dalla constatazione della necessità di modificare la contrattazione. “Per farlo, bisogna conoscere alla perfezione il sistema produttivo. Noi ci prendiamo l’impegno di capire la flessibilità che le aziende possono offrire: ad esempio, cerchiamo di proporre lo Smart working alle aziende più grandi”. Il sindacato svolge anche un lavoro di diffusione della cultura del welfare. “Ancora tanti lavoratori preferiscono incassare che convertire il Pdr in welfare”.
Tuttavia, il tessuto produttivo della regione è composto per la maggior parte da aziende di medie, piccole o piccolissime dimensioni. “In alcune aziende la contrattazione è difficile, se non impossibile, a causa delle dimensioni piccole. Per le aziende medio-piccole bisogna fare dei ragionamenti con le collettività e con le amministrazioni locali e comunali, per fare massa critica”. In questi casi, per fare welfare, ha sottolineato il sindacalista, bisogna vedere quali servizi sono già attivi nel territorio. “Se costruito bene, il welfare territoriale porta benessere non solo al lavoratore, ma a tutta la collettività”.
Scavazzin ha portato l’esempio del Comune di Piazzola sul Brenta che, in rete con i Comuni di Campodoro, Campo San Martino, Limena e Villafranca Padovana, ha ideato un “Accordo territoriale per il welfare” per promuovere il welfare aziendale in ottica territoriale, offrendo alle aziende del posto un paniere di beni e servizi già definito e pronto, tramite convenzioni sottoscritte dalle amministrazioni comunali con i fornitori locali. “L’Accordo di Piazzola sul Brenta coinvolge le aziende locali per rimodulare i pacchetti di welfare in modo da dare alternative da fruire sul territorio, in base al principio di prossimità”.
Questa iniziativa è pensata in particolare per quelle aziende molto “polverizzate”, con pochissimi dipendenti, che non hanno la forza di implementare un piano di welfare aziendale vero e proprio. “È una misura che non può rispondere alle esigenze dei lavoratori come un pacchetto welfare delle grandi aziende, ma può offrire qualche soluzione, servizio e risorsa per chi lavora nei settori frammentati, ad esempio nel campo della salute con enti sanitari territoriali”.
Welfare come sviluppo sostenibile: attenzione per l’ambiente e per le risorse umane
Amorim Cork Italia ha avviato da tempo un percorso di welfare aziendale che prevede la realizzazione di 14 progetti a favore della conciliazione tra vita personale e lavorativa, come parte integrante del suo percorso di sviluppo sostenibile. “Abbiamo adottato una serie di misure per favorire lo sviluppo sostenibile, introducendo, tra le altre cose, l’orario flessibile sia in entrata che in uscita, la banca ore, il lavoro da casa, i checkup sanitari, il family day, degli spazi in azienda dedicati alle attività conviviali”, ha raccontato Carlos Manuel Veloso dos Santos, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Amorim Cork Italia.
“Abbiamo creato anche un regolamento e iniziato un percorso di certificazione per portare i dipendenti a formulare proposte per la conciliazione vita-lavoro”. A seguito di queste iniziative, l’azienda ha conseguito la certificazione “Family Audit”, che la qualifica come organizzazione attenta alle esigenze di conciliazione famiglia-lavoro dei propri dipendenti. “Dal primo bilancio dopo i piani di welfare implementati in azienda, è emerso che siamo un’impresa felice, che tiene alla felicità dei suoi collaboratori. E chi viene a lavorare felice produce di più”. Inoltre, l’impresa ha avviato indagini aziendali trasversali per capire quali sono le aree di miglioramento.
“Crediamo che ci sia una correlazione strettissima tra formazione e felicità”. Per questo, nel 2011, l’organizzazione ha iniziato un percorso per definire i fabbisogni formativi interni attraverso un test psicoattitudinale somministrato a tutti i collaboratori. L’obiettivo è quello di creare un percorso di formazione continua, secondo le attitudini delle persone e sfruttando il loro potenziale. “Vogliamo capire se abbiamo le persone giuste nel ruolo giusto e, se così non fosse, spostarle in aree più adatte a loro”. Il metodo di analisi viene poi ripetuto nel tempo per verificare quanto i dipendenti si sentano formati e cresciuti nel tempo. Queste indagini servono da bussola per le iniziative future.
Ora l’impresa lancerà anche una propria Academy con il compito di prendersi cura della formazione interna e di organizzare attività culturali fuori dall’azienda e attività di orientamento alla formazione fino all’università per i figli adolescenti dei dipendenti. “Per noi il welfare aziendale ha rappresentato la ciliegina sulla torta, ma la nostra era già una bella torta. Vogliamo essere una delle più belle realtà in cui lavorare nel territorio per attrarre i talenti: vogliamo che vengano loro a cercarci per lavorare per noi. Inoltre, vogliamo continuare a far star bene e trattenere i dipendenti che già abbiamo”.
Innovare il welfare aziendale: la Consigliera di Fiducia contro molestie e discriminazioni
Save ha sottoscritto il suo primo accordo sindacale per l’introduzione di strumenti volti a favorire il benessere dei dipendenti e delle loro famiglie nel 2012, ma è nel 2018 che ha introdotto un elemento innovativo nell’ambito del welfare aziendale.
“Nel 2018 abbiamo arricchito il nostro piano di welfare con nuove iniziative, tra le quali abbiamo introdotto la Consigliera di Fiducia, una figura esterna, terza e indipendente, a cui è delegato l’ascolto di chi pensa di essere stata vittima di un comportamento lesivo e il compito di sentire le parti coinvolte e trovare una soluzione, in completo anonimato e indipendenza”, ha illustrato Alessandra Merolli, Direzione Risorse Umane e Responsabile Organizzazione e Sviluppo del Gruppo Save.
“L’idea è arrivata durante un pranzo della nostra CEO con le donne quadro dell’azienda, durante il quale sono emersi i problemi che le donne devono affrontare al lavoro. È stato chiesto l’aiuto dei sindacati e abbiamo aderito al progetto che prevede l’introduzione di questa figura, riconosciuta dall’Ue. Infine, abbiamo approvato un codice etico di condotta a tutela del dipendente in caso di comportamenti lesivi, per contrastare le molestie e le discriminazioni contro le donne”. Per questa iniziativa, nel 2019, l’organizzazione è stata insignita del riconoscimento “Welfare Champion”, in occasione dell’evento Welfare Index Pmi promosso da Assicurazioni Generali, conseguendo il massimo del rating.
Per implementare il progetto, l’azienda ha avviato un percorso di formazione per i dirigenti e i quadri e uno di informazione per tutta la popolazione aziendale. “All’inizio abbiamo riscontrato un po’ di scetticismo da parte dei dirigenti uomini, ma poi abbiamo trasformato questo scetticismo in consapevolezza. Siamo diventati un modello, una best practice contro la discriminazione di genere, perché siamo stati i primi ad avere questa sensibilità nel privato”.
A gennaio 2020, l’impresa ha redatto il primo report sull’attività implementata durante il 2019. “È emerso che, tra i 1.300 dipendenti sparsi sul territorio, gli interventi sono stati circa una quindicina in diversi campi”. È invece troppo presto per elaborare dei risultati sull’engagement. “Il nostro obiettivo è aumentare la produttività senza ansia: vogliamo che i collaboratori vengano a lavorare senza preoccupazioni irrisolte perché pensiamo che il benessere del singolo si può diffondere sul gruppo di lavoro e su tutta la popolazione”.