Lavoro stagionale e contratti: cosa cambiare
La stagione estiva è ormai aperta ma, dal litorale Veneto alla Versilia, l’allarme lanciato da albergatori e ristoratori è unanime: mancano lavoratori stagionali (come bagnini e personale spiagge, cuochi e camerieri, hostess e receptionist) che possano coprire i turni e garantire un servizio di qualità per far fronte alle 442 milioni di presenze attese questa estate (con una crescita del 12% rispetto al 2022, secondo i dati dell’Istituto Demoskopika). Quali sono le cause di questa carenza? Senza contare il tema del lavoro, le maggiori criticità di chi rifiuta le offerte sono precarietà (i contratti per i lavoratori stagionali possono avere una durata massima di 8 mesi l’anno), turni sfinenti e straordinari non pagati. Insomma, retribuzioni non adeguate all’attuale costo della vita a fronte della richiesta di un’estrema flessibilità.
Secondo Luca Furfaro, esperto di welfare e consulente del lavoro, titolare dell’omonimo studio specializzato nella gestione delle risorse umane, amministrazione del personale ed elaborazione paghe, le attività faticose a livello di impegno e turni, la grande crisi vissuta dal settore turistico e quello dei servizi hanno contribuito ad alimentare il problema della mancanza di personale stagionale. Per attenuare il problema ci dovrebbe essere un reincontro tra la domanda e l’offerta. Se da un lato il bonus turismo potrebbe essere una soluzione, dall’altro Luca Furfaro prova a fornire una soluzione in termini pratici, riflettendo sulle peculiarità del lavoro stagionale e pensando a delle politiche attive del lavoro che rendano tale tipologia di lavoro appetibile sul piano retributivo e assistenziale.
Guardando all’attuale normativa, i lavoratori stagionali (attivi soprattutto nei settori dell’agricoltura, del turismo e dei servizi) godono di alcune tutele da parte del datore di lavoro: hanno diritto di precedenza rispetto a nuove assunzioni a tempo determinato da parte dello stesso datore per le stagioni future, o ad esempio la tutela della maternità con un periodo di congedo in cui la lavoratrice ha diritto all’assegno di maternità. I lavoratori stagionali hanno, inoltre, diritto ad 1 giorno di pausa settimanale e ad un periodo di riposo di 11 ore tra un turno e l’altro. Come tutti gli altri lavoratori maturano permessi, ferie, mensilità supplementari e TFR ed in caso di malattia spettano le relative indennità. Tuttavia queste tutele non bastano a rendere i lavori stagionali sufficientemente attrattivi.
Per favorire l’andamento del comparto, il governo ha inserito alcune nuove misure in sede di conversione del decreto lavoro, in particolare il bonus turismo, che consiste in un compenso ulteriore in forma di trattamento integrativo speciale. Dal 1 giugno al 21 settembre 2023 i lavoratori stagionali riceveranno un aumento lordo del 15% in busta paga, corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario: una somma a titolo di trattamento integrativo speciale che ha lo scopo di favorire il tasso e la stabilità occupazionale.
Secondo Luca Furfaro però questa misura non è sufficiente: a questo intervento riparatore, sostiene l’esperto, occorre affiancare un meccanismo strutturale che riesca a rendere il lavoro stagionale appetibile sul piano retributivo e assistenziale. È quindi necessario che il lavoro stagionale diventi un impegno fisso, così da creare personale qualificato e aiutare le aziende nel percorso di selezione, affiancando però i lavoratori nei periodi di inattività.
Secondo Luca Furfaro, una possibile soluzione potrebbe essere quella di agevolare la stabilizzazione di tali lavoratori con la creazione di particolari tipologie di contratti part time su base annua che utilizzano il risparmio contributivo nei mesi di inattività. In parole più semplici, il dipendente stagionale potrebbe ricevere uno stipendio per tutto l’anno ma con i periodi di “non lavoro” coperti da ammortizzatori sociali finanziati dallo Stato; questo garantirebbe, con determinate condizioni, un sostegno economico al lavoratore e al contempo lo terrebbe legato al proprio datore di lavoro.