Il buon tempo del welfare
Nuove tecnologie e sviluppo del welfare aziendale permettono alle aziende di trovare benefit in ottica di time saving. Per le nuove generazioni di lavoratori poter conciliare il tempo del lavoro e gli impegni personale è diventato un requisito fondamentale nella scelta del lavoro.
Orari flessibili, possibilità di lavorare da casa, maggiordomi aziendali. Mai come adesso per le aziende il tempo è davvero denaro. È in crescita in Italia l’uso del welfare come strumento per migliorare il benessere e la produttività dei dipendenti, attraverso benefit mirati alla conciliazione vita-lavoro. In una parola, attraverso il time saving.
Il tempo è diventato infatti il vero benefit cui aspirano dipendenti e collaboratori. Da anni in uso in America e Nord Europa, il time saving, o disbrigo di incombenze, è l’insieme dei servizi che un’azienda offre al proprio personale a supporto di impegni domestici. Si va dal pagamento delle bollette all’espletamento di pratiche burocratiche.
Talvolta è l’azienda a farsi carico delle questioni amministrative o personali che, complici i ridotti orari di apertura di uffici pubblici e altri enti, obbligano il lavoratore a richiedere ore, se non giorni, di permesso.
Altre volte l’impresa sceglie di modellare gli orari di lavoro sulle esigenze del dipendente, concedendo flessibilità in entrata e in uscita dal luogo di lavoro. Sempre più spesso si sceglie la via dello Smart working, che prevede uno o più giorni al mese di lavoro da remoto. In tutti i casi l’obiettivo è offrire ai dipendenti un reale risparmio di tempo.
Il welfare per attrarre talenti
Un’esigenza, questa, sempre più avvertita dal personale. Stando ad alcuni recenti dati sul welfare, un dirigente e un impiegato su tre, e un operaio su cinque, vorrebbe avere supporto per le iniziative di time saving.
Misure intese come soluzioni per risolvere le incombenze di tutti i giorni, dalle pratiche amministrative al disbrigo commissioni, dai servizi per l’auto e la casa alla consulenza personale, alla mobilità. Molti impiegati, infatti, confessano di avere difficoltà a conciliare attività familiare e lavoro. Dello stesso avviso anche numerosi dirigenti e operai.
La questione tempo, insomma, è diventata una delle prime con cui il welfare aziendale deve fare i conti. “È quello che chiedono i lavoratori. Tutte le statistiche vanno in questa direzione e l’esperienza conferma quanto emerso da questi studi”, dichiara Paolo Gardenghi, Responsabile dell’Area Welfare Aziendale di Up Day.
Più che al ritorno in termini di produttività dell’impresa, è interessante guardare al modo con cui offrire tempo di qualità incida sulla capacità dell’azienda di attrarre nuovi talenti. “Può variare per età, sesso, territorio o tipologia di lavoro, ma oggi i giovani talenti in sede di Recruitment chiedono tempo. Qualità della vita e work-life balance non sono categorie astratte, ma effettive esigenze manifestate in modo sempre più esplicito dal personale che tutti vorremmo avere in azienda”, prosegue.
L’attenzione al welfare, dunque, la impone per primo il mercato: quella che un tempo era una concessione dell’imprenditore, ora è quasi precondizione per accettare il posto. “Non è più il datore di lavoro che cerca di venire incontro alle esigenze del dipendente. Oggi, un’azienda che cerca un informatico, un creativo o un social media manager deve prevedere almeno una qualche forma di Smart working. Altrimenti quel professionista andrà altrove”.
Nuovi trend per coinvolgere i Millennial
L’ingresso in azienda delle nuove generazioni ha contribuito a rafforzare una tendenza già avviata. La maggiore attenzione delle aziende ai problemi familiari dei dipendenti si è accompagnata a una crescente disponibilità di strumenti, soprattutto tecnologici, che consentono di riorganizzare le modalità di lavoro e adattarle a nuovi stili di vita. Più flessibili, come quelli ricercati dai più giovani. “I Millennial sono più disincantati, hanno un approccio molto meno workaholic perché hanno vite piene, interessi diffusi e differenziati”, continua Gardenghi.
“Come azienda anche noi abbiamo voluto e, in parte, dovuto accelerare sul processo di flessibilità degli orari: da quest’anno è in vigore un accordo sullo Smart working e abbiamo creato una palestra in azienda per ottimizzare i tempi e ridurre gli spostamenti. Sul fronte delle piattaforme, c’è ancora poco perché il quadro normativo è debole”.
E sottolinea: “Le misure di time saving propriamente dette non godono del favore fiscale: la legge 81/2017 sullo Smart working aveva introdotto delle misure fiscali che non sono state più finanziate. In generale negli ultimi anni, però, sul tema del welfare il Legislatore si è dimostrato più avanti di gran parte degli imprenditori”.
Una gestione più efficiente del tempo rappresenta una variabile importante nelle dinamiche aziendali. Oltre a far guadagnare in termini di competitività, avere la possibilità di coniugare gli impegni professionali con quelli personali aiuta a combattere lo stress e aumenta la soddisfazione del dipendente.
“Sicuramente migliora il clima e le relazioni in azienda e un dipendente più sereno produce di più. Soprattutto è uno strumento che ci permette di ottenere risultati in una logica di parità di genere”, conclude Gardenghi. “È la vera sfida che dobbiamo vincere”.