Quando il welfare non è solo filosofia
Uno psicologo e uno studioso del pensiero sono presenze assidue in casa Geico e parti integranti della visione che l’azienda ha del welfare, estesa anche a progetti di supporto alla diagnosi e cura di leucemia e morbo di Alzheimer, in attesa di nuove iniziative al femminile.
Né la filantropia né il marketing. Né tantomeno la volontà o l’obbligo di conformarsi alle norme che regolano la conciliazione fra lavoro e famiglia e in ultima istanza il benessere dei dipendenti a 360 gradi. Quel che ispira la visione del welfare di Ali Reza Arabnia, fondatore e presidente dell’italiana Geico è piuttosto il desiderio di condividere con altri quello che egli considera un privilegio. Ovvero «la fortuna di aver visto l’impegno profuso nella formazione e nel lavoro premiato con il successo».
Per il manager di origine iraniana – ormai italiano di adozione a pieno titolo – «è preciso dovere di un leader degno di questo nome prendersi sul serio e mettersi in gioco per creare un’influenza positiva sulle persone e sul loro benessere».
Dall’esperienza personale l’ispirazione per il benessere di tutti
L’ultimo dei progetti messi a punto dall’azienda, forse il principale player mondiale per le tecnologie di trattamento superficiale di ambito automotive, prende spunto da un dramma che Arabnia ha vissuto e sofferto in prima persona, così come accade a tante famiglie, ovunque. Quello dell’Alzheimer, definito «un morbo crudele che indebolisce e rimpicciolisce gli individui generando un oblio che i familiari e la società non possono e non debbono permettersi». Una patologia che secondo il Rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è in crescita. Le stime parlano di 35,6 milioni di casi nel 2010 che raddoppieranno nel 2030 e triplicheranno nel 2050 con 7,7 milioni di nuovi casi all’anno (uno ogni 4 secondi a livello mondiale) e il cui impatto economico sui sistemi sanitari sarà di circa 604 miliardi di dollari l’anno, con incremento progressivo.
In Italia, il numero totale dei pazienti malati di Alzheimer è di circa 1,2 milioni per un costo socio-sanitario di 80 miliardi di euro l’anno e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari.
Numeri che, recentemente, hanno spinto la multinazionale a inserire nel suo programma J-Wellness il sistema Train the brain (cioè Allena il cervello) ideato dal neurofisiologo Lamberto Maffei in collaborazione con la romana Fondazione IGEA Onlus. Il protocollo, rivolto ai dipendenti over50, è un percorso di prevenzione mirato a mantenere il cervello in allenamento attraverso una serie di esercizi ad hoc «contro l’invecchiamento del cervello, la perdita di memoria, le demenze e l’Alzheimer». Prevede l’alternarsi di movimenti aerobici e momenti di stimolazione cognitiva pura e là dove è stato testato con sessioni di gruppo ha restituito sin qui risultati più che soddisfacenti. Significativi miglioramenti sono stati documentati da un punto di vista clinico sull’80% dei partecipanti; il restante 20% ha se non altro conservato – con l’eccezione di due soli casi – condizioni stabili.
La prevenzione come arma vincente per dipendenti e familiari
Il percorso si avvia grazie a un colloquio con un neuropsicologo incaricato di valutare lo stato cognitivo di ciascuno. Il piano di welfare J-Wellness si articola anche attraverso gli screening e i check-up ginecologici, cardiovascolari e di medicina sportiva curati da Med-Ex, già partner del Cavallino rampante di Ferrari.
A beneficiarne non sono solo i dipendenti ma pure tutti i loro familiari. Abbraccia la psicologia con sedute organizzate su chiamata del personale; e la filosofia, con incontri periodici di dibattito che mostrano come applicare Platone a hi-tech e business sia possibile e fruttuoso.
D’altronde è per «stimolare entrambi gli emisferi cerebrali» che il marchio, impegnato con concreti aiuti anche nel sostegno alla lotta alla leucemia, ha allestito presso il suo quartier generale una biblioteca e spazi dedicati di volta in volta a tavole rotonde, mostre, eventi vari.
Il grande potenziale femminile nel mirino
Per il prossimo futuro Arabnia ha già fissato un nuovo traguardo. «Credo», ha detto, «nelle grandi capacità del sesso femminile e sto cercando di studiare qualcosa che vada al di là dei piani istituzionali consueti per armonizzare le loro opportunità di carriera con la maternità. Tenendo soprattutto conto del fatto che la costante vicinanza della madre nei primi anni di vita è fondamentale per la crescita dei bambini e quindi per il benessere loro e della società». Un buon equilibrio sociale si esprime anche attraverso il lavoro ed è per questo che il gruppo con sede italiana a Cinisello Balsamo (Milano) finanzia il progetto Gatebridge coprendo tutti gli oneri economici per l’assunzione in prova semestrale di giovani, presso imprese-partner. E quello denominato New hope bridge che sempre col sostegno di psicologi e filosofi aiuta gli over-45 alle prese con la disoccupazione o la precarietà a trovare una strada alternativa, ancora una volta patrocinando la loro assunzione a tempo presso altre aziende disponibili. Cerca di essere vicina ai ragazzi più brillanti provenienti da famiglie disagiate ed è riuscita così a sostenerne l’iscrizione a prestigiose università internazionali come Harvard e Oxford. «Ma spesso le occasioni nascono casualmente», ha concluso Ali Reza Arabnia, «come quella che mi ha portato a visionare il prototipo di automobile a guida autonoma redatto da un inventore trentenne in cerca di uno sponsor all’altezza. Oggi quello stesso prototipo ha finalmente ricevuto l’accoglienza che meritava ed è stato adottato da uno sceicco a Dubai».