Giovani e previdenza complementare, la via del welfare aziendale
Le nuove generazioni sono più esposte al rischio previdenziale rispetto alle precedenti. Ecco perché il welfare aziendale può supportarle incentivando l’adesione ai fondi pensione.
In attesa di verificare se verranno introdotti supporti previdenziali pro giovani sulla base di interventi normativi e in considerazione del vecchio adagio popolare per cui ‘chi ha tempo (e, aggiungiamo, soldi), non aspetti tempo’, può essere utile che un genitore possa attivarsi per incanalare i propri figli lungo un percorso di previdenza complementare. Se le previsioni degli accordi collettivi lo consentono la via principe da seguire è quella del fondo pensione inserito nel programma di welfare del proprio settore-azienda.
L’ultimo allarme in ordine di tempo l’ha lanciato l’Ocse che ha evidenziato come le giovani generazioni sono particolarmente esposte al rischio previdenziale. Fenomeni come il ritardato ingresso nel mercato del lavoro, retribuzioni più basse di quelle dei propri genitori-nonni e un accentuato connotato di flessibilità (quando non precarietà) nel mercato del lavoro si riflettono irrimediabilmente sul quantum del futuro trattamento di quiescenza per effetto del metodo di calcolo contributivo.
Giova ricordare come la pensione contributiva costituisca il risultato della somma virtuale dei contributi versati lungo l’arco della intera ‘vita attiva’ del lavoratore, rivalutando anno per anno il montante sulla base di quanto è cresciuta la nostra economia (il fattore correttivo è pari alla media del Pil degli ultimi cinque anni).
Al raggiungimento dei requisiti di pensionamento previsti nel proprio regime obbligatorio di appartenenza (se si è cioè, per esempio, lavoratori autonomi o dipendenti), l’Ente di previdenza obbligatorio trasformerà poi i contributi versati in rendita previdenziale utilizzando gli specifici coefficienti di trasformazione fissati dalla stessa normativa che vengono rivisti in automatico ogni due anni sulla base dell’invecchiamento del nostro Paese.
Gli elementi determinanti del trattamento previdenziale sono allora la professione esercitata considerando che l’aliquota contributiva cambia a seconda della tipologia di lavoro svolta, la lunghezza del periodo di contribuzione, l’andamento economico generale, quanto invecchia il Paese. Da non sottovalutare anche il fenomeno di quelli che l’Istat definisce come low pay jobs sempre più diffusi nel segmento giovani.
La Generazione Z e i Millennial scontano allora a monte una accentuata probabilità di percepire trattamenti pensionistici sensibilmente inferiori rispetto a quelli ottenuti nel recente passato dalle generazioni precedenti che rientravano invece nella applicazione del metodo retributivo.
Va opportunamente ricordato come il Governo abbia allo studio un progetto, da svilupparsi anche nell’ambito dello specifico tavolo di confronto con i sindacati che riprenderà a gennaio 2020, di creare una pensione contributiva di garanzia per i giovani nel sistema obbligatorio, una sorta di ‘minimo comunque denominatore’ che possa intervenire in quiescenza per calmierare trattamenti previdenziali che dovessero essere al di sotto di una soglia di adeguatezza convenzionale che dovrà essere individuata.
Una generazione di non inclusi nella previdenza complementare
Di fondamentale importanza sarebbe allora (il condizionale è d’obbligo) una massiva adesione alla previdenza complementare. Così come sottolineava la Covip nell’ultima relazione annuale vi è invece un gap generazionale nella diffusione dei fondi pensione. Rispetto alle fasce di età centrali, la partecipazione degli Under 35, è inferiore di circa un terzo (20,4% rispetto alle forze lavoro) con una contribuzione inferiore di due terzi.
Va ricordato che la previdenza complementare dal punto di vista finanziario funziona secondo il criterio della capitalizzazione dei contributi versati, per cui una minore entità dei versamenti determina anche una pensione integrativa prospetticamente ridotta.
Come supportare un livello più consistente di giovani aderenti? Tra i temi del dibattito in corso vi sono l’attivazione di una nuova finestra di silenzio-assenso, l’opportunità di avviare campagne di education specifiche e la valutazione di apportare correttivi migliorativi ai già previsti incentivi fiscali.
In questa prospettiva si collocano, per esempio, le recenti proposte di Covip e Ania. L’Autorità di vigilanza ritiene che potrebbe essere utile valutare l’opportunità di valorizzare schemi di incentivazione fiscale dei contributi che prevedano la possibilità di riportare ad anni di imposta successivi i benefici che non si sono utilizzati in una fase di incapienza fiscale per effetto di redditi ridotti.
L’Ania suggerisce di azzerare l’onere fiscale sopportato dalle forme pensionistiche complementari nella fase dell’investimento delle risorse per i giovani di età inferiore ai 35 anni e propone un ampliamento del plafond di deducibilità, ai fini dell’Irpef, dei contributi versati dall’iscritto nell’interesse dei familiari fiscalmente a carico estendendo poi il beneficio fiscale anche ai nonni oltre che ai genitori.
Il sostegno dei genitori per le nuove generazioni
La via può essere quella di far aderire il giovane a una forma pensionistica individuale (fondo pensione aperto o piano individuale di previdenza) o, se lo statuto lo consenta, preferibilmente al proprio fondo di categoria o aziendale di riferimento (in questo modo si beneficia del costo ridotto delle soluzioni di tipo collettivo).
Il genitore beneficia della possibilità di dedurre i contributi versati per il figlio fiscalmente a carico entro il limite annuo dei 5.164,57 euro e gli conferisce una serie di vantaggi che vanno dal risparmio previdenziale in sé accantonato a una maggiore anzianità di iscrizione che il giovane potrà ritrovarsi come utile, per esempio, nel caso in cui, un domani, voglia comprare casa ricorrendo alle anticipazioni.
Non va ancora dimenticato come con una maggiore anzianità di iscrizione si pagheranno meno tasse al pensionamento integrativo. Che cosa succederà quando il figliolo crescerà e diventerà autosufficiente dal punto di vista economico?
Potrà assumere direttamente la contribuzione al fondo pensione e potrà valutare, nel caso in cui cominci a lavorare come dipendente, se trasferire la posizione individuale nell’eventuale fondo occupazionale al quale possa aderire in virtù del proprio impiego. Va ricordato come il trasferimento della posizione avviene in neutralità fiscale e porta in dote l’anzianità di iscrizione già maturata.
* Lorenzo Giuli è un esperto di previdenza complementare