Fringe benefit, allargare l’offerta non basta

Fringe benefit, allargare l’offerta non basta

Oggi dal 10 al 15% del budget di un piano welfare viene speso in fringe benefit. Ma non mancano i dipendenti che ancora preferiscono premi cash. Segno che il progetto non è stato sviluppato sui reali bisogni della popolazione aziendale e soprattutto non è stato comunicato correttamente. 

 

Da quando, con la legge di Stabilità del 2016, ai fringe benefit è stata data l’esenzione fiscale fino alla soglia di 258,23 euro, nei piani welfare aziendali è stato un gran fiorire di beni e servizi messi a disposizione dei dipendenti. Si va dai buoni benzina, spesa, libri, fino alla palestra, al maggiordomo aziendale, badante, baby sitter, polizza vita e chi più ne ha, ne metta.
Un arricchimento fin troppo esagerato dell’offerta che ha messo in allarme alcuni studiosi ed esperti di welfare, per i quali prendersi cura dei lavoratori è un concetto ben più ampio che offrire loro un paniere infinto di buoni sconto e voucher.
«Oggi dal 10 al 15% del budget previsto da un piano welfare viene speso in fringe benefits», afferma Diego Paciello, responsabile dell’area fiscale, Welfare, Compensation and Benefits dello Studio Toffoletto De Luca Tamajo. «E se è vero che considerarli welfare è forse un po’ azzardato, comunque rappresentano un minimo di sostegno al reddito dei lavoratori», aggiunge Paciello. «Anche se la soglia oggetto di detassazione andrebbe adeguata a quella prevista dagli altri Paesi europei. In Svizzera per esempio è di 550 franchi e in Spagna di 500 euro» osserva poi l’esperto. E il termine adeguata non è casuale visto che si tratta di un tetto introdotto nel 2008. Ma non è il caso di farsi illusioni. «La proposta di alzarla a 500 euro è già stata fatta, anche per favorire la diffusione del Welfare aziendale nelle Pmi», precisa l’esperto. «Ma non è stata accolta per ora per un problema di gettito».

 

In aumento la domanda di sanità integrativa, richiesta di rimborsi

 

Ma i dipendenti nel corso di questi due ultimi anni hanno dimostrato di apprezzare il pagamento dei premi di produzione in natura. «In modo particolare la sanità integrativa la cui domanda da parte dei dipendenti è lievitata negli ultimi anni», interviene Paolo Gardenghi, responsabile dell’area welfare di Day, società specializzata nell’offerta di servizi per il benessere dei lavoratori sul mercato da 30 anni. «Sulla base di dati raccolti dalla nostra piattaforma, grande successo sta avendo anche tutta la parte legata al rimborso, specie quello delle spese sostenute per i figli. Sempre apprezzati sono poi i voucher, come i nostri buoni regalo Cadhoc, che possono essere spesi nei negozi dei brand più noti, ma anche online, presso partner e-commerce.  In salita sono pure  i lavoratori che destinano il loro credito welfare per fare viaggi, soprattutto quelli costruiti su misura».

 

 Formazione benefit del futuro

 

Tendenze che segnano un mutamento dei bisogni dei lavoratori nel tempo.  «Considerando che la platea dei beneficiari di un piano di welfare è molto ampia e variegata, da un lato sono aumentate le misure a sostegno del reddito che restituiscono concretamente alle famiglie parte degli oneri spesi», spiega Gardenghi. «Dall’altro, invece, cresce il welfare inteso come benefit per i dipendenti top level (dirigenti e manager), per i quali il benessere è un valore aggiunto. Al centro dei bisogni di questo target di lavoratori c’è il relax, il viaggio all’estero e così via».  Bisogni destinati a mutare nel tempo. Infatti già nuove tendenze sono all’orizzonte: «Nel prossimo futuro, complice la Quarta Rivoluzione industriale e la digitalizzazione delle nostre imprese, la domanda di formazione di alto livello è destinata a crescere tra i lavoratori di qualsiasi età, così come l’assistenza di sanità specialistica che si affianca e completa la cassa sanitaria», aggiunge il Manager. Tendenze che rispecchiano la società d’oggi, dove il divario economico è sempre più marcato.

 

Prima l’ascolto dei lavoratori e la comunicazione poi l’offerta di benefit

 

«Anche se, stando alle nostre ricerche, non mancano manager, impiegati e operai che continuano a preferire denaro cash piuttosto che più tempo a disposizione», fa notare Simona Cuomo, Associate Professor di Leadership in Sda Bocconi e direttrice dell’Osservatorio su diversity e smart working  dell’Ateneo milanese.  «Ecco perché l’offerta dei fringe benefit proposti all’interno del piano di welfare aziendale, affinché siano davvero un sostegno al reddito dei dipendenti, va pensata sulla base delle reali necessità dei dipendenti, non proposta genericamente solo perché va di moda farlo», avverte Cuomo. «Questo significa non solo fare ricerche interne per verificare i bisogni della popolazione aziendale della propria impresa, ma anche spiegare ai dipendenti cosa sono questi benefit, come funzionano, come accedervi e i vantaggi per loro e per l’impresa.  Altrimenti perdono di significato».  Il tutto senza mai dimenticare che questo tipo di benefit rappresenta solo una piccola parte del welfare aziendale, «che dovrebbe essere più articolato e sviluppato all’interno di una politica dell’organizzazione aziendale che parla di responsabilità sociale», conclude la docente.  «L’impresa dovrebbe aspirare a diventare sempre più un’entità sociale e non solo di profitto».

 

About the Author /

partner@tuttowelfare.info