Fare il papà mette a rischio la carriera?

Fare il papà mette a rischio la carriera?

Negli Stati Uniti, recentemente il 19% dei padri che lavorano ha cercato un nuovo impiego che gli permettesse di lavorare a distanza, e il 10% ha lasciato o pensato di lasciarlo quando questo non fosse consentito

 

A partire dal 2020 la pandemia ha costretto un gran numero di persone a trascorrere molto tempo nelle proprie abitazioni. Per molti genitori è stata l’occasione per sperimentare un nuovo equilibrio nella divisione delle mansioni domestiche e delle attività legate alla cura dei figli. I papà, nello specifico, hanno passato molto più tempo tra le mura domestiche di quanto non avessero mai fatto prima, sfruttando la maggiore flessibilità lavorativa consentita dai periodi più difficili dell’emergenza sanitaria. Avrebbe potuto essere l’opportunità per una maggiore equità nella suddivisione dei compiti e dei ruoli legati alla famiglia anche nella ripresa post lockdown, ma i dati, ha riferito lo statunitense Benefit News, tra i principali media specializzato sui temi HR, raccontano una storia diversa.

 

A livello globale, secondo i dati di Oxfam, la federazione di no profit impegnata sul tema della povertà nel mondo, la pandemia è infatti costata alle donne almeno 800 miliardi di dollari di perdita di reddito nel 2020. Solo negli Stati Uniti, circa il 20% delle 7,1 milioni di donne di età compresa tra 25 e 54 anni che hanno lasciato il lavoro negli ultimi due anni non sono poi tornate a lavorare per potersi occupare della famiglia, non riuscendo a trovare servizi di assistenza all’infanzia a prezzi accessibili che avrebbero permesso loro di orientarsi su scelte diverse.

 

Anche secondo una ricerca pubblicata dalla Federal Reserve Bank di Minneapolis, da marzo 2021 le mamme sono rimaste sproporzionatamente fuori dal mondo del lavoro. Per quanto riguarda poi la scelta tra lavoro in presenza e Smart working anche in questa caso è stato evidenziato uno squilibrio: secondo un sondaggio condotto da CensusWide per conto di LinkedIn, solo il 30% circa delle mamme che ha lavorato a distanza a causa del Covid è tornata a lavorare in presenza, rispetto al 40% circa dei papà. Non senza ripercussioni: i settori che impiegano un gran numero di donne, dall’istruzione all’assistenza sanitaria, stanno frontaggiando una grave carenza di manodopera.

 

Le aziende non incoraggiano la paternità

 

Per molti padri, però, il tempo trascorso a casa durante la pandemia ha costituito una significativa spinta nella volontà di assumersi maggiori oneri e responsabilità per quanto riguarda il tempo dedicato alla casa e alla famiglia. Questo ha portato, ha scritto sempre Benefit News sulla base delle interviste raccolte, a una divisione più vicina alla reale spartizione 50-50 dei compiti di cura. Nella loro volontà di riequilibrare la disparità da questo punto di vista, i papà hanno però riscontrato non poche difficoltà nel mondo del lavoro.

 

Restando negli Stati Uniti, le aziende tendono infatti a offrire il congedo parentale alle neomamme e non ai neopapà e a permettere solamente alle prime la negoziazione di orari di lavoro più flessibili. Spesso si tratta di problemi che si aggiungono ad altri: poiché le donne per la maggior parte svolgono lavori meno retribuiti rispetto agli uomini – e anche a parità di posizione lavorativa le prime hanno globalmente stipendi più bassi rispetto alle seconde – esse hanno maggiori probabilità di lasciare il lavoro per occuparsi dei figli, in mancanza di alternative economicamente sostenibili.

 

Lo Smart working potrebbe diventare un alleato

 

Secondo alcune ricerche riportate da Benefit News, gli uomini sono inoltre molto più propensi delle donne a temere che la loro carriera sia duramente colpita dalla scelta di dedicare più tempo alle attività di cura. Invece di mettere in chiaro i propri bisogni con i datori di lavoro, gli uomini tendono piuttosto a cercare di sbrigare più in fretta il lavoro o a chiedere permessi occasionali per ragioni che, in realtà, occasionali non sono. “Ci sono anche norme culturali che entrano in gioco, come le nozioni tradizionali secondo cui gli uomini sono le persone incaricate del mantenimento economico della famiglia”, ha evidenziato Jamie Ladge, Professore Associato di Gestione e Sviluppo Organizzativo alla Northeastern University statunitense che nei suoi studi si occupa dell’integrazione tra lavoro e vita privata.

 

La via potrebbe però essere stata aperta per risvolti inaspettati. Con le aziende statunitensi che faticano ad assumere per la carenza in generale di manodopera e più nello specifico di profili adatti alle proprie esigenze il potere negoziale dei dipendenti potrebbe crescere. Il lavoro flessibile e a distanza è diventato inoltre molto meno stigmatizzato in svariati settori e questo potrebbe rendere più facile richiederlo anche per gli uomini per esigenze legate alla famiglia. Intanto, secondo il sondaggio del gruppo di ricerche di mercato CensusWide, il 19% dei papà che lavorano ha cercato un nuovo impiego che gli permettesse di lavorare a distanza e il 10% ha lasciato o pensato di lasciare la propria posizione quando questo non fosse consentito.

 

Fonte: Benefit News

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