Così i genitori diventano le risorse del futuro

Così i genitori diventano le risorse del futuro

Le 10 soft skill più richieste dal mercato del lavoro a partire dal 2020 individuate dal World economic forum coincidono con quelle che sviluppano madri e padri in famiglia. Alle aziende il compito di svilupparle nell’ ambito lavorativo. Ecco come.

 

Alessandra Giordano

Problem solving in situazioni complesse; pensiero critico; creatività; gestione delle persone; capacità di coordinarsi con gli altri; intelligenza emotiva; capacità di giudizio e di prendere decisioni; orientamento al servizio, negoziazione; flessibilità.  E’ questa la classifica delle 10 competenze più richieste dal mondo lavorativo a partire dal 2020 individuate durante l’ultimo World Economic Forum (WEF). «E le aziende, come dicono i più blasonati guru di management, devono velocemente attrezzarsi per avere a bordo personale con queste soft skill se non vogliono perdere terreno sul fronte della competitività. Peccato che già ce le abbiano al loro interno, ma spesso non se ne accorgono», afferma Alessandra Giordano direttore delivery di Intoo, società che fa parte della galassia GiGroup, una delle principali in Italia a operare nei processi di sviluppo e transizione di carriera.

Cosa intende dire esattamente?
Che le dieci abilità del futuro elencate dal WEF, nello stesso ordine di importanza, sono quelle maturate da qualsiasi genitore durante la sua esperienza in famiglia. Le aziende non devono far altro che svilupparle in un ambito lavorativo.
Ciò significa che per le persone non è facile decontestualizzare le abilità e metterle in pratica in comparti differenti?
Sì, perché si tende ancora a dividere lo spazio casa da quello lavoro quando invece il nostro tempo è sempre più mescolato. Ciò significa da una parte essere sempre connessi e reperibili e dall’altra poter lavorare stando fuori dall’ufficio. La sfida che spetta alle aziende è fare in modo che le persone siano in grado di spostare le loro abilità da un contesto all’altro.
In che modo potrebbero aiutare i loro dipendenti a fare questo passo? 
Sempre più imprese, per esempio, stanno creando momenti di confronto e di formazione dedicati alla genitorialità, durante i quali, attraverso l’ascolto delle esperienze degli altri e la presa di coscienza delle loro abilità di padri e madri, possono rendersi conto che sono le stesse skill che l’azienda chiede loro. Ma possono esserci anche momenti di coaching individuale e di gruppo su questo stesso tema. Spesso poi le imprese ci chiedono pillole di genitorialità, ovvero momenti di incontro della durata di un’ora, fatti per lo più durante la pausa pranzo, durante i quali vengono trattati argomenti legati alla gestione dei figli (organizzazione del tempo, educazione, uso dei social etc.). Duplice è l’obiettivo che si raggiunge: coltivare le abilità dei dipendenti da parte delle aziende e aumentare il coinvolgimento del personale nella vita aziendale.
In questa direzione va anche il vostro programma Moms@Work
Sì, è un progetto nato alcuni anni fa nell’ambito delle politiche di conciliazione e di progetti di welfare aziendale. L’intento è quello di fornire consulenza e formazione sui temi della genitorialità al lavoro, della flessibilità organizzativa e del work life bilance.  In particolare sviluppiamo iniziative dedicate alla gestione della maternità in azienda e al reinserimento professionale delle mamme lavoratrici post congedo maternità.  Ma va detto che questo programma, nato per le donne, sempre più spesso viene usato anche per i giovani papà che frequentemente chiedono la possibilità di essere guidati per ritrovare un equilibrio tra vita privata e lavoro.
Risultati ottenuti fino a ora?
Stiamo lavorando con una ventina di aziende che ormai considerano questo nostro programma uno strumento gestionale. Due i risultati significativi raggiunti. Da una parte una maggiore presa di coscienza e sensibilità da parte dei capi riguardo al tema donne&maternità e dall’altra un miglioramento dell’engagement delle  donne, che al rientro della maternità non si sentono più lavoratrici di serie B, anche nel caso in cui l’azienda, a causa di un mutato contesto economico,  non fosse è più in grado di garantire lo stesso posto di lavoro. In questi ambiti, infatti, il modo in cui il rientro della donna viene gestito fa la differenza. Le aziende poi iniziano anche a capire che le mamme lavoratrici sono un arricchimento per l’organizzazione perché spesso portano all’interno competenze facilmente spendibili.
Nonostante ciò la percentuale di donne che abbandona il lavoro dopo la maternità resta ancora molto alta in Italia…
Vero. Negli ultimi sei anni è addirittura aumentata del 50%, questo significa un esercito di 115 mila donne che lascia il proprio posto di lavoro dopo la nascita del primo figlio. Un numero che scandalizza e  che lo stato di salute della nostra economia non può permettersi. Purtroppo, invece, l’Italia non crede ancora fino in fondo nelle capacità delle donne.
Dunque che fare per recuperare terreno e portarci ai livelli delle lavoratrici nei Paesi Nord europei?Lavorare sodo sul fronte culturale e non solo tra la popolazione femminile, ma anche tra quella maschile, perché quando una donna lascia un lavoro ha accanto a sé un uomo che la consiglia, condivide e approva la sua scelta. Non è la mancanza di servizi pubblici come gli asili nido ad allontanare le donne dal lavoro, bensì la mancanza di sensibilità e la ancora troppo debole capacità nelle aziende italiane di lavorare davvero per obiettivi.
Motivo per cui, nonostante se ne parli in abbondanza, in Italia anche lo smart working fatica a decollare?
Lo smart working non è semplicemente il lavorare da casa, ma il punto di incontro tra gli obiettivi dell’azienda e i bisogni dei lavoratori. Per raggiungere questo target le aziende devono avviare un progetto di innovazione e cambiamento organizzativo che consentirà loro di affrontare in modo più determinato le sfide di mercato. Gli esempi di aziende che hanno fatto questo passo inserendo lo smart working dopo un lavoro importante sulla cultura, i processi e le modalità gestionali non mancano e devono essere il punto di riferimento per le altre organizzazioni che intendono muoversi in questa direzione.

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