Prendersi cura delle persone fa bene… all’impresa
È stato lanciato il Corporate Welfare Lab, laboratorio permanente chiamato a occuparsi dei principali trend legati al benessere, declinato nella visione che il corporate welfare è il pilastro su cui fondare la moderna azienda
Great resignation, Yolo economy, Smart working e digitalizzazione: la pandemia ha segnato indelebilmente il mondo del lavoro, come confermano i trend – più o meno nuovi – di cui si parla in questo momento. Sta alle aziende ora cercare di adattarsi allo scenario attuale, districandosi tra i fenomeni emergenti. In questo panorama nuovo e complesso si sta affermando il ruolo decisivo del welfare, sempre più elemento chiave per risanare la relazione tra persone e lavoro, spesso compromessa dalla pandemia. I vantaggi sarebbero enormi, soprattutto per trattenere e valorizzare i talenti.
È per questo che di recente è stato lanciato il Corporate Welfare Lab, promosso da Edenred Italia, multinazionale specializzata in welfare aziendale, in collaborazione con Bocconi School of Management. Il laboratorio permanente è chiamato a occuparsi dei principali trend legati al benessere, declinato nella visione che il corporate welfare è il pilastro su cui fondare la moderna azienda. “Vogliamo diventare un punto di riferimento sul welfare aziendale a livello internazionale e nazionale, studiando, analizzando e promuovendo il suo ruolo in Italia”, ha spiegato Alberto Dell’Acqua, Professore Associato di Practice Corporate Finance and Real Estate presso Bocconi School of Management, durante la conferenza di presentazione dell’iniziativa.
Convincere anche le PMI ad adottare soluzioni di welfare
Tra le prime attività su cui è chiamato a lavorare il laboratorio, c’è la descrizione del quadro dello stato attuale del welfare in Italia. È noto, infatti, che nel nostro Paese gli strumenti di benessere sono adottati soprattutto dalle grandi aziende. “Nel nostro Paese vige ancora il mito del welfare come strumento all’appannaggio delle grandi imprese. Eppure i vantaggi di queste politiche sono gli stessi a prescindere dal numero di dipendenti”, ha commentato Paola Blundo, Direttore Corporate Welfare di Edenred Italia. Ecco perché è ancora necessario fare informazione sui benefici del welfare, in modo che anche le realtà più piccole siano coinvolte e si convincano della bontà degli strumenti di benessere.
Altro obiettivo dell’iniziativa patrocinata da Edenred Italia è lo studio dell’impatto delle politiche di assistenza a livello aziendale e sistemico. Il welfare, infatti, permette di ottenere numerosi benefici dal punto di vista del coinvolgimento dei talenti, che si riflettono sulla produttività. Numerosi sono gli studi e la letteratura a supporto di queste teorie, confermate anche dalla pratica, ma proprio per fornire ulteriore conferme e convincere i più scettici, il laboratorio punta a creare strumenti per le imprese, in modo che possano misurare l’efficacia del welfare nelle singole realtà. Tra gli effetti ipotizzati c’è di certo l’ottimizzazione delle soluzioni proposte, perché possono essere declinate in modo sempre più aderente ai bisogni delle persone e dunque se ne massimizzerebbe l’efficacia.
Il Corporate Welfare Lab punta anche a delineare il futuro del welfare. È chiaro che anche il benessere va nella direzione dell’aggiornamento digitale, tanto che si parla di “digital welfare”: l’offerta e la fruizione dei servizi su piattaforme online permettono di raccogliere un numero molto elevato di indicatori rispetto a quelli a disposizione in forma ‘cartacea’; i dati raccolti possono poi essere utilizzati per compiere analisi con lo scopo di ottimizzazione della proposta di benessere.
C’è poi il ruolo del welfare rispetto all’occupazione femminile. I dati sulla diversità di genere indicano proprio che la diversity paga e ha un effetto diretto sul business. Secondo uno studio condotto dal Peterson Institute for International Economics su 22mila aziende di 91 Paesi, le imprese in cui almeno il 30% dei manager è donna hanno un vantaggio superiore a un punto percentuale di margine netto, rispetto alle realtà interamente maschili. “Le politiche di welfare migliorano il benessere delle persone. L’iniziativa permette di valorizzare il principale driver del valore economico e non-economico in una strategia welfare integrata”, ha concluso Dell’Acqua.
Dall’inclusione alla parità di genere: la diversità che paga
Chi ha fatto del welfare un elemento strategico è Danone, multinazionale di prodotti alimentari, che già nel 2011 – prima ancora che fossero varate le iniziali normative sul welfare – aveva adottato soluzioni in questa direzione. È guardando ai dati che emerge il valore della scelta. Per esempio, rispetto alla questione femminile, come raccontato da Sonia Malaspina, Direttrice HR Italia e Grecia di Danone Nutricia, se nel 2011 la maggior parte delle donne (che costituivano il 50% dei dipendenti dell’azienda) non occupavano posizioni di responsabilità, oggi il 67% dei ruoli di direzione appartiene proprio alle manager.
Il dato della presenza di donne nei ruoli di gestione è di gran lunga superiore alla media italiana, che secondo Manageritalia – la federazione nazionale dei dirigenti – si aggira intorno al 19%. A rendere possibile il cambiamento è stato proprio il welfare aziendale, che nel rispondere ai bisogni specifici delle donne – come maternità, offerta di asili nido e istruzione – ha trasformato l’ambiente lavorativo facendo sì che anche i talenti femminili avessero la possibilità di esprimersi e portare valore all’azienda. Ma perché il ruolo di cura genitoriale non sia esclusivo delle donne, Danone ha portando da cinque a 20 i giorni di paternità, registrando un impatto positivo sulle competenze manageriali dei neopapà.
La multinazionale è anche un ottimo esempio di come le strategie di benessere abbiano un ritorno positivo anche per l’azienda, a patto che se ne misuri l’impatto in modo serio e adeguato: “È stata proprio la metrica sul tasso di conversioni del premio di produzione in welfare, che ha convinto la direzione ad aumentare gli investimenti”, ha commentato Malaspina. Le multinazionali, come detto, sono già avanti. Ora tocca alle PMI.