Pedala che ti passa (e l’azienda ti premia)
Incentivare l’utilizzo della bicicletta nel tragitto casa-lavoro può incidere significativamente sulla salute del lavoratore e sull’inquinamento dell’aria. E numerose aziende, comuni e amministrazioni iniziano a investire nella bici, dando il buon esempio.
Di recente Stati Uniti e Canada hanno celebrato il Bike-to-work day, un evento annuale a sostegno degli spostamenti in bicicletta nella tratta casa-lavoro. Si tratta di un fenomeno che via via sta prendendo piede anche nel nostro Paese, ma quali sono le sue dimensioni?
Tra i principali sostenitori di questo movimento troviamo la Federazione italiana ambiente e bicicletta (Fiab), che partecipa al progetto europeo Bike2Work – Smart choice for commuters, il cui obiettivo principale è quello di sensibilizzare sia le aziende, sia i lavoratori pendolari a spostare quote di mobilità dall’automobile alla bicicletta, con benefici immediati per la salute e per l’ambiente.
Tra il 2014 e il 2016 l’iniziativa ha coinvolto 12 Paesi europei e più di 580mila partecipanti; in questo modo è stato possibile risparmiare 54.711 tonnellate di anidride carbonica e 9.286 tonnellate di carburante.
Grazie alle numerose campagne di sensibilizzazione, questo progetto – e tutti gli altri legati alla mobilità sostenibile – stanno trovando un terreno sempre più fertile anche in un Paese come il nostro, dove le due ruote sono utilizzate solo dal 3,6% della popolazione.
Un dato che arriva dal Secondo Rapporto sull’economia della bicicletta in Italia 2018, elaborato da Legambiente con la collaborazione di VeloLove e Grab+, e che ci restituisce la fotografia di una nazione ancora spaccata a metà.
A percorrere sistematicamente il tratto casa-lavoro pedalando sono circa 743mila italiani, ma le percentuali più alte si registrano nella provincia autonoma di Bolzano (13,2% degli occupati), in Emilia Romagna (7,8%) e in Veneto (7,7%). Tra i comuni virtuosi spiccano Bolzano, Pesaro, Ferrara e Treviso, dove più di un quarto della popolazione si muove sulle due ruote sia per i propri spostamenti quotidiani, sia per motivi di studio, lavoro o svago.
La situazione cambia radicalmente quando andiamo a vedere i risultati di cinque regioni del Centro Sud: in Lazio, Sicilia, Sardegna, Calabria e Molise la bici viene utilizzata da meno dell’1% dei lavoratori e degli studenti, con ripercussioni negative in termini di traffico urbano e di inquinamento atmosferico e acustico.
Pedalare non è solo una questione ambientalista
Le motivazioni che dovrebbero spingere le persone a pedalare – e le aziende e le amministrazioni a incentivarle – vanno ricercate anche nei benefici sanitari e non solo in quelli ambientali. All’interno del rapporto elaborato da Legambiente, infatti, compare il Prodotto interno bici (Pib), un indice generato nelle regioni dall’uso sistematico delle due ruote, che si traduce in circa 1,1 miliardi euro di risparmio sanitario annuo e in 960 milioni di euro di benefici sanitari e sociali per bambini.
Numeri importanti, che spingono a una riflessione più profonda. Tuttowelfare.info ne ha parlato in esclusiva con Francesco Baroncini, Direttore Fiab: “Bisognerebbe muoversi in bicicletta innanzitutto per noi stessi, perché è un’attività fisica che ci fa stare bene e che produce endorfine”. Ma anche per i datori di lavoro è un’opportunità da non sottovalutare: “Chi pedala arriva puntuale sul posto di lavoro, visto che il tempo di percorrenza non dipende dal traffico, inoltre è più concentrato, produttivo e si ammala di meno, come testimoniano numerose ricerche”. A questo si aggiunge il risparmio economico: “L’unica cosa che si consuma in bicicletta è la propria forza muscolare, per cui non c’è più bisogno di fare i conti con il prezzo della benzina o del gasolio”.
Per incentivare i dipendenti all’uso delle due ruote, però, è necessario che le aziende si dotino di qualche piccola accortezza: “Sono già sufficienti un parcheggio interno per il mezzo, che metta a riparo dai furti e un piccolo armadietto in cui poter tenere una maglietta di ricambio. Si tratta di misure di welfare aziendale che pesano sull’impresa molto meno di un abbonamento in palestra, ma che i dipendenti apprezzano molto”.
Una tutela fondamentale è poi quella che riguarda la legge sull’infortunio in itinere, una copertura garantita dall’Inail nel caso in cui l’incidente avviene durante il tragitto casa-lavoro: “È una norma che si conosce ancora poco e noi come Fiab lavoriamo perché si sappia che chi va a lavorare in bicicletta è sempre coperto da questo tipo di tutela”.
Aziende e amministrazioni, una partita tutta da giocare
Seppur l’Italia sia ancora ben lontana dagli standard dei Paesi nordeuropei per quanto concerne la diffusione e la cura dei mezzi a due ruote e delle piste ciclabili (i dati più recenti diffusi dagli esperti esperti del Copenhagenize Bicycle Friendly Cities Index mettevano in testa alla classifica delle 20 città più bike friendly al mondo Copenaghen, Utrecht e Amsterdam e non includevano nessuna località italiana) c’è chi si sta impegnando attivamente affinché questo mezzo non sia più soltanto di nicchia o relegato a un utilizzo da weekend e tempo libero.
Un case study interessante arriva da Andriani, azienda pugliese leader nel settore dell’innovation food, di recente premiata proprio per l’iniziativa Bike-to-work, in cui ha messo a disposizione dei propri dipendenti 65 biciclette a pedalata assistita e dotate di GPS, da utilizzare sia per raggiungere il posto di lavoro, sia nel tempo libero.
In base ai chilometri percorsi ogni mese, i lavoratori aderenti hanno ricevuto un bonus in busta paga. Nel primo anno di vita del progetto il premio erogato è stato in totale di 10.920 euro; i chilometri fatti sono stati 19.509,74; mentre i litri di carburante risparmiati sono stati 2.787.
Anche Saipem, in collaborazione con Fiab, ha organizzato incontri per diffondere una buona cultura circa gli spostamenti casa-lavoro e per spiegare ai propri dipendenti che sui percorsi brevi (cinque chilometri), la bicicletta si conferma il mezzo più veloce, senza contare il tempo risparmiato sul traffico e sul parcheggio.
A completare il quadro ci sono poi le amministrazioni; la mobilità sostenibile richiede investimenti importanti, non sempre alla portata delle finanze comunali. Eppure c’è chi sta dando il buon esempio e si sta adoperando per diffondere il culto delle due ruote. Il capostipite è stato il Comune di Massarosa, in provincia di Lucca, che già dal 2015 promuove il suo Bike-to-work.
Il meccanismo previsto dal bando è semplice: per ogni lavoratore che ha abbandonato la macchina in favore della bicicletta è previsto un rimborso di 25 centesimi a chilometro, con un tetto massimo giornaliero fissato a sei euro e uno mensile a 50 euro.
L’esempio della città toscana è stato seguito anche dai Comuni di Cesena e Cesenatico con il progetto Cambiamo marcia, a sostegno della mobilità sostenibile. Nei primi due mesi di sperimentazione i 290 nuovi ciclisti hanno percorso più di 47mila chilometri e hanno evitato di disperdere nell’aria 6,8 tonnellate di anidride carbonica.