Outplacement, una polizza per i lavoratori

Outplacement, una polizza per i lavoratori

I percorsi di transizione di carriera sono i grandi assenti sulle piattaforme di welfare aziendale. Eppure hanno tutte le caratteristiche per entrarci a pieno titolo.

 

Garantire percorsi di transizione di carriera ai propri dipendenti è guardare con concretezza a una realtà mutevole come quella attuale, dove difficilmente il personale over50 riuscirà ad arrivare all’età di 67 nella stessa azienda. Per questo l’outplacement va considerato come una polizza assicurativa che consenta alle persone di affrontare meglio e in modo più strutturato il futuro. E in quanto tale andrebbe inserito nei piani di welfare aziendale. Ne è convinta Cetti Galante, Managing director di Intoo, società di Gi Group leader in Italia nei processi di sviluppo e transizione di carriera. A dirlo sono i numeri. Nel 2017, infatti, la società ha supportato complessivamente 2.455 persone in outplacement delle quali 435 dirigenti, 505 quadri e 1.515 candidati tra impiegati e operai che hanno avuto una nuova occupazione nell’arco di circa 6,5 mesi, con una percentuale di successo di oltre l’85%. «Per le sue peculiari caratteristiche, l’outplacement si presta a rientrare a tutto titolo nel welfare visto che offre un supporto qualificato alla persona che per un qualsiasi motivo si trova nelle condizioni di dover rientrare nel mercato del lavoro. E’ sicuramente un’azione verso il dipendente che va nella direzione sia del benefit sia della protezione», spiega Galante. Soprattutto tenendo conto del fatto che le statistiche ci dicono che in un contesto di mercato come quello moderno il personale in media resta nello stesso posto di lavoro 5 anni.  Motivo in più per modificare l’approccio culturale verso quei percorsi che possono garantire una continuità di carriera anche a professionisti senior.

 

Tempi di ricollocazione dimezzati

 

Cetti Galante

L’idea che prevale sul mercato oggi è che un servizio di ricollocazione vale come un altro. Ma non è affatto così. «Bisogna convincersi, come in tutte le cose, che anche in questo genere di servizi, la presenza di professionisti fortemente specializzati è in grado di dare un apporto alla persona molto più qualificato ed efficace», spiega Galante. «L’outplacement, infatti, può essere considerato come un acceleratore, visto che dimezza i tempi di rientro sul mercato del lavoro e questo è assolutamente provato». Le statistiche Istat, infatti, ci dicono che i lavoratori che optano per il fai-da-te in media ci mettono 12-18 mesi prima di trovare una nuova occupazione, mentre con l’outplacement ne bastano  6-7. «Il segreto sta nel capire molto in profondità le competenze delle persone che vanno considerate in un modo olistico», dice Galante. «Durante un percorso di outplacement serio, vengono analizzate tutte le skills che il candidato ha accumulato durante la sua storia personale e professionale, sia quelle che ha messo in campo nel suo ruolo attuale, sia quelle che possiede per esperienze precedenti ma che sono rimaste inespresse. I responsabili delle risorse umane e i capi spesso non conoscono perfettamente le competenze di tutti i dipendenti perché ogni persona ha una storia e difficilmente esprime tutte le competenze che ha accumulato nella sua vita professionale nel ruolo attuale». Con l’outplacement, invece, la persona, seguita da un consulente, ha la possibilità di fare un’analisi a 360° e prendere «consapevolezza delle proprie competenze e desideri coniugandoli con il work life balance  che desidera avere in quel momento», precisa l’esperta.
Un esempio? Molti manager vogliono cambiare settore di attività o vita, altri desiderano diventare consulenti o piccoli imprenditori lanciando una loro startup. Scelte che se non si è adeguatamente accompagnati sono molto difficili da realizzare con successo, anche perché spesso occorre acquisire o potenziare competenze nuove, come imparare a fare personal branding, comunicare se stessi e la propria professionalità in modo efficace sui social media, allineare i propri valori a quelli dell’azienda di cui si desidera far parte. Tutte operazioni che si acquisiscono durante il percorso di outplacement.  «Iter di apprendimento e potenziamento che partono da una migliore conoscenza di sé e dall’acquisizione delle tecniche necessarie per spendersi su un mercato in continua evoluzione. Tutti aspetti che un percorso di outplacement garantisce», sottolinea Galante.

 

Una protezione in più per i dipendenti

 

Caratteristiche che legano questo tipo di servizio al welfare, il cui obiettivo è,  per definizione, occuparsi delle persone e offrire benefit in grado di metterle nelle condizioni di migliorare la loro qualità di vita. «L’outplacement rientra in questi bisogni, in quanto è protezione dell’individuo, è garanzia della continuità professionale e soprattutto è costruzione di autoconsapevolezza, qualità oggi sempre più importante», conclude Galante. «Ma sulla cultura della prevenzione l’Italia deve ancora crescere, del resto anche per quanto riguarda le polizze personali non siamo al livello degli altri Paesi europei. Così, nelle piattaforme di welfare aziendale oggi troviamo servizi come il checkup di carriera e l’orientamento dei giovani, ma non l’outplacement». Per ora.

 

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claudia.luise@tuttowelfare.info