Le nuove alleanze del (secondo) welfare

Le nuove alleanze del (secondo) welfare

Il Quarto Rapporto sul secondo welfare 2019 offre il quadro dello scenario dell’ultimo decennio sul secondo welfare, tra analisi e prospettive per il futuro.

 

È un secondo welfare sempre più maturo, in grado, a volte, di avere una conoscenza dei bisogni del Paese più avanzata rispetto a quella del welfare state. Così mentre quest’ultimo si conferma in crisi e ancora ancorato a dare risposte ad alcune (classiche) necessità – spesso anche in modo sproporzionato – dimenticandosi delle altre, il secondo welfare si sta rivelando in forte crescita.

 

A certificarlo è il Quarto Rapporto sul secondo welfare 2019, dal titolo Nuove alleanze per un welfare che cambia (è scaricabile a questo link): uno studio firmato dai ricercatori di Percorsi di secondo welfare che aggiornano ogni biennio, da otto anni a oggi, il panorama del secondo welfare, offrendo un’analisi puntuale dello scenario dell’ultimo decennio.

 

Così se la prima grande trasformazione, il periodo storico tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento secondo la definizione di Karl Polanyi, ci ha lasciato in eredità un welfare state ormai non più allineato con le necessità, la seconda grande trasformazione vede la nascita di nuove tipologie di secondo welfare (occupazionale, assicurativo, mutualistico, comunitario, confessionale e filantropico) e conferma come ci siano nuovi attori capaci di dare risposte alle nuove necessità.

 

Ai circa 90 provider di welfare (Luca Pesenti li ha censiti nel recente aggiornamento del suo libro Il welfare in azienda – Imprese smart e benessere dei lavoratori) si affiancano, per esempio, oltre 500 società di mutuo soccorso, ma pure 88 fondazioni di origine bancaria, 111 fondazioni di impresa, capaci di allargare il perimetro degli interventi, e le realtà del welfare confessionale, come i 3mila centri della Caritas.

 

Il contesto nel quale si inserisce il secondo welfare è quello nel quale, come ha sottolineato Franca Maino, Direttrice di Percorsi di Secondo welfare e curatrice del Quarto Rapporto insieme con Maurizio Ferrera, la calibratura della spesa sociale negli ultimi 10 anni non è cambiata.

 

E così, inevitabilmente, il welfare state si scopre inadeguato rispetto ai nuovi problemi sociali; la copertura offerta agli utenti ‘tradizionali’ è inadeguata; la maggior parte dei servizi proposti sono a domanda individuale; molti costi sono ampiamente a carico delle famiglie; il mercato dei servizi alla persona-famiglia si basa su un’offerta di lavoro e servizi informali (si veda per esempio il caso del milione di badanti che si prendono cura di tante necessità).

 

Ecco perché la metafora nata 10 anni fa dei ‘cento fiori’ che in maniera spontanea e apparentemente casuale stavano nascendo nel campo del welfare aziendale, è stata aggiornata. La maturità del secondo welfare consente oggi di parlare di un vero e proprio albero, cioè una pianta, spiegato i curatori della ricerca, radicata in un terreno fertile (le reti multi-attore presenti a livello locale), con un tronco solido (i suoi anelli sono l’apertura a soggetti non-pubblici, innovazione sociale ed empowerment), con rami sempre più lunghi (rispecchiano lo sviluppo delle varie declinazioni) e le chiome più o meno folte (i tanti attori impegnati nello sviluppare le nuove iniziative di welfare).

 

Cresce il welfare erogato dalle aziende

 

Uno degli ambiti di maggiore interesse e di crescita è di certo il welfare occupazionale, cioè quegli interventi privati di protezione sociale offerti alle persone in quanto lavoratori. In particolare si contano 322 fondi sanitari integrativi che coinvolgono 10,6 milioni di iscritti (nel 2018 hanno offerto coperture di prestazioni per circa 2,3 miliardi di euro); sono poi 33 i fondi previdenziali negoziali con 3 milioni di iscritti (con un patrimonio complessivo di 51,7 miliardi di euro).

 

Nel welfare contrattato, invece, si è assistito alla crescita dei Contratti collettivi nazionale del lavoro: oggi sono 13 i Ccnl che prevedono il welfare garantendo forme di protezione sociale a spese delle imprese; inoltre, il 53% dei contratti prevede la possibilità di convertire il Premio di risultato in beni o servizi di welfare. In crescita anche i contratti di secondo livello nel quale rientra il welfare: erano il 22% nel 2016, sono oggi il 39%. Da segnalare che c’è una forte concentrazione nelle aziende del Nord, in particolare nei grandi gruppi e ancora poco nelle imprese più piccole con meno di 50 dipendenti.

 

Alla crescita della contrattazione ha fatto da contraltare l’espansione del mercato dei provider. Tra quelli censiti da Pesenti, 17 fanno parte dell’Associazione italiana welfare aziendale (Aiwa), che rappresentano circa il 90% del settore. I provider di Aiwa nel 2018 hanno servito quasi 2 milioni di lavoratori (nel 2015 erano meno di 500mila) e hanno messo a disposizione circa 750 milioni di euro sulle proprie piattaforme (sono coinvolte circa 4.600 imprese contro le poco più di 600 del 2015), offrendo un budget medio per dipendente di circa 560 euro. Un quarto di questa somma non è però spesa: le motivazioni sono numerose, tra cui, secondo gli esperti, la mancata (o limitata) informazione.

 

È un mercato particolarmente attivo anche quello legato al welfare assicurativo. Il Quarto Rapporto sul secondo welfare conta 700 milioni di euro di polizze individuali e circa 2 miliardi di euro di polizze collettive sul fronte della sanità integrativa, mentre nel campo della previdenza complementare i fondi aperti e preesistenti contano 2,1 milioni di adesioni per un patrimonio di 79 miliardi di euro; i piani individuali raggiungono invece 3,6 milioni di adesioni (37 miliardi di euro).

 

Infine qualche numero legato al welfare comunitario e in particolare quello orchestrato dal Terzo Settore ed enti locali. Il primo si conferma ampio e strutturato con circa 350mila istituzioni e circa 850mila addetti, mentre il mondo cooperativo, che rappresenta l’1,3% delle imprese italiane, dà lavoro a 1,2 milioni di persone (7,1% degli occupati). Numeri che si affiancano alle 524 Società di mutuo soccorso che nel 2018 hanno garantito prestazioni sociali di vario genere a oltre 950mila soci.

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