La nuova sfida per il welfare aziendale: fronteggiare il trend del Quiet Quitting
L’importanza di coinvolgere i dipendenti nella cultura aziendale e di condividere valori e mission è da tempo al centro delle politiche di HR, ma ora sta diventando sempre più una priorità per far fronte a nuove sfide. Infatti, dopo il fenomeno della “Great Resignation”, ossia le dimissioni di massa (della serie “mollo tutto e cambio vita”) che abbiamo conosciuto a seguito dell’emergenza pandemica, sta prendendo piede, soprattutto tra i giovani lavoratori, una nuova tendenza: il “Quiet Quitting”. Traducibile come “abbandono silenzioso” o ”dimissioni silenziose”, è un fenomeno diventato virale sui social anche come hashtag, in particolare su Tik Tok.
Il Quiet Quitting indica un atteggiamento passivo e “rilassato” verso il lavoro e la carriera: consiste nello svolgere le proprie mansioni per le quali si è effettivamente pagati, ma senza cedere alle pressioni più o meno esplicite negli ambiti di lavoro che chiedono di “fare di più” (per esempio prestarsi a straordinari non retribuiti o essere reperibili a mail o chiamate anche fuori all’orario lavorativo, o essere disponibili a mansioni non esplicitamente previste nel contratto).
Questo trend, diffuso soprattutto tra i Millennials e la Generazione Z, riflette un graduale distacco emotivo dal proprio lavoro, che a volte può tradursi in una perdita di entusiasmo e motivazione, ma che allo stesso tempo consente ai dipendenti di liberarsi di un’importante fonte di stress.
I motivi alla base del Quiet Quitting sono sostanzialmente due. In primo luogo, ci si è resi conto che passare più ore in ufficio o dare maggiore disponibilità non corrisponde automaticamente a un avanzamento di carriera o a un aumento di stipendio. Ma se anche fare carriera fosse così facile (e qui si arriva al secondo motivo) non è detto che ne valga la pena. Trascorrere più ore seduto al computer o comunque sottraendo tempo ed energia alla propria vita privata, porterà a una soddisfazione tale da ripagare questo sacrificio?, si chiedono sempre più dipendenti.
Secondo il report “State of the global workplace 2022” di Gallup, in Europa solo il 14% dei dipendenti è davvero coinvolto nella propria attività lavorativa. Oggi solo il 21% dei lavoratori si sente “engaged” e solo il 33% si sente appagato (in termini di well-being) a fronte di una stragrande maggioranza che prova mancanza di fiducia nel futuro e vive nello spettro di un subitaneo possibile fallimento. Il 44% si sente stressato, record di sempre, e la maggioranza non ritiene che la sua occupazione abbia davvero uno scopo o un significato profondo.
In questo contesto, le strategie di welfare aziendale giocheranno un ruolo fondamentale nel motivare i lavoratori e farli sentire più coinvolti. Trovare il giusto equilibrio che consente di concentrarsi sulla carriera senza dover rinunciare a una vita serena diventa sempre più uno degli obiettivi principali delle Risorse Umane.