La fabbrica felice spacca in due il sindacato
Per le sigle confederali il welfare aziendale è uno strumento in grado di tutelare famiglie e persone più bisognose di assistenza. Per altre, come Usb, la vera emergenza oggi è l’impoverimento dei salari e, in fase di trattativa, preferiscono difendere sempre la parte monetaria. Il caso Emilia Romagna.
L’ultimo riconoscimento al welfare aziendale è arrivato nell’accordo sul nuovo modello contrattuale tra Confindustria e sindacati confederali. Nel Tec (trattamento economico complessivo) rientreranno anche le parti di salario e i premi pagati in servizi. È il definitivo sdoganamento che segue anni di modifiche legislative e best practies in aziende e territorio virtuosi.
Eppure proprio da una di queste isole felici arrivano pericolosi campanelli d’allarme: è l’Emilia Romagna delle cosiddette fabbriche felici, avanguardie della meccanica dove la crisi non ha portato licenziamenti, datori di lavoro e parti sociali hanno ridotto il costo del lavoro facendo ricorso a pezzi di welfare aziendale e negli integrativi la robotizzazione di industria 4.0 è stata accompagnata da orari più flessibili. Perché proprio in uno dei motori dell’economia italiana si è acuita la distanza tra il sindacalismo confederale e quello autonomo sull’innovazione nelle relazioni industriali.
Recentemente alla Toyota di Ostellato i lavoratori hanno respinto la richiesta di uno straordinario comandato. Di casi simili, anche se non tali da far parlare di un’emergenza sindacale, ce ne sono stati diversi.
Alla GD-Coesia, colosso nella produzione di macchine per il packaging delle sigarette dove la maggioranza delle Rsu è passata da poco dalla Fiom alla Cobas, per esempio, l’accordo sull’integrativo è passato per 27 voti. Anche perché gli autonomi guidati da Usb (Unione sindacato di base), hanno saputo coagulare il malcontento verso un accordo nel quale si mischiavano flessibilità dell’orario e parametri più stringenti di valutazione delle performance individuali con un incremento sia del premio di risultato (pari al 25%), sia della parte di welfare aziendale. Infatti l’azienda garantisce ai suoi dipendenti assicurazione sanitaria e cure dentali gratuite, scuola dell’infanzia e nido aziendale a costi calmierati, palestra gratuita, la maternità facoltativa da sei a nove mesi e le borse di studio per i figli, per i quali sono previsti anche rimborsi spese per i libri e le rette, premi per gli esami universitari superati e la cosiddetta Befana, un bonus da 120 euro a Natale.
Cisl: il welfare garantisce opportunità a famiglie e persone bisognose di assistenza
Spiega Giorgio Graziani, segretario generale della Cisl Emilia-Romagna: «Quello della GD-Coesia è un caso eccezionale. Non sto dicendo che non vanno comprese le aspettative di quei lavoratori, ma quell’accordo è passato a livello. L’Ubs e i Cobas hanno toccato un aspetto retributivo che è soltanto una parte dell’intesa». Forse i lavoratori non hanno compreso le innovazioni e le aperture del sindacato nazionale al welfare aziendale, al centro dell’ultimo contratto nazionale dei metalmeccanici. «Affatto, perché al referendum confermativo è passato senza problemi. Vorrei ricordare che questo territorio, in aziende che sono delle eccellenze mondiali come la Lamborghini o la Ducati, il welfare aziendale si è spinto così avanti che abbiamo avuto accordi nei quali sono stati garantiti anche progetti di formazioni o stage per l’alternanza scuola-lavoro. Ma più in generale qui nelle politiche attive c’è una triangolazione tra imprese, sindacato e Regioni».
Anche per questo i confederali non hanno alcuna voglia di cambiare strategia. «Noi ci battiamo molto sul salario detassato, anche sfruttando lo sgravio del 10%, strappato proprio dalle sigle nazionale. Ma ci sono pezzi di welfare – continua il leader della confederazione bianca – in tutti gli accordi integrativi che abbiamo firmato in questi anni. Ormai sono la regola il sostegno economico per pagare il nido, le giornate compensative di riposo per i padri e non mancano pacchetti per il tempo libero. Sulla sanità, accanto ai fondi integrativi nazionali, vengono potenziati i servizi per esempio nel campo dell’odontoiatria e dell’oculistica». Perché la logica alla base di questo processo è semplice: «Per distribuire tutele e opportunità in questa fase di debolezza, il welfare aziendale ci permette di garantire opportunità alle famiglie e alle persone che hanno più bisogno di assistenza nella realizzazione del loro percorso di vita: pensiamo soltanto agli strumenti per aumentare i tempi di conciliazione tra lavoro e famiglia per le donne lavoratrici».
Usb: Il vero problema oggi sono i salari sempre più leggeri non il welfare
Diversa l’opinione di Sergio Bellavita, oggi responsabile nazionale del settore Industria dell’Usb ma in passato segretario nazionale della Fiom. Molto attivo in Emilia, nella vicenda GD-Coesia ha portato avanti istanze opposte rispetto ai confederali. «Questo non è l’unico caso nel quale i lavoratori hanno votato contro Cgil, Cisl e Uil: l’integrativo è stato bocciato, per esempio, con un referendum al Cineca di Bologna. E in questi casi il denominatore è sempre lo stesso: intese peggiorative, con eccessiva flessibilità e ricorso massiccio al welfare aziendale in aziende che macinano utili. Alla GD, per esempio, si è voluto intaccare la remunerazione degli straordinari, che vista la crisi erano diventati una parte fondamentale del salario».
Sul welfare aziendale la posizione di Bellavita e degli autonomi è chiara: «Noi firmiamo accordi con pezzi di welfare aziendale, quando l’azienda – come avvenuto alla San Polo Lamiere di Parma – dà la facoltà al lavoratore di scegliere tra i benefit o la monetizzazione degli stessi. Noi siamo contrari quando il welfare aziendale è sostituivo del welfare pubblico nazionale, finisce soltanto per indebolirlo, come sta avvenendo per la sanità». E non cambia posizione neppure quando gli si fanno notare i limiti dello stato sociale in Italia. «In questo modo, con detassazioni e decontribuzioni, si tolgono soltanto risorse. Senza dimenticare che la vera emergenza è l’impoverimento dei salari. Conti alla mano conviene difendere sempre la parte monetaria».