Garantire un ambiente di lavoro equo e inclusivo: la priorità degli HR nel 2023
Negli ultimi anni, complice anche la pandemia, la priorità dei responsabili HR era la scelta di strategie a favore della flessibilità, ma quest’anno la priorità in agenda passa all’avvio di progetti di inclusione, diversità ed equità. Oggi il rischio che le aziende corrono nei confronti dei loro dipendenti è di non riuscire a far fronte al fenomeno della “Great Resignation” a causa di ambienti di lavoro in cui i dipendenti non si identificano e dove non si sentono valorizzati. È quanto emerge dal Global Talent Trends 2023, un report presentato da Mercel e condotto alla fine del 2022, che raccoglie le opinioni di 2474 esperti HR e lavoratori in 17 paesi nel mondo.
Per affrontare questi rischi, il 92% dei responsabili HR intervistati ha già avviato numerose iniziative, prima tra le quali (68%) è la costruzione di una cultura aziendale che metta al centro l’espressione della propria autentica identità sul lavoro. Tutti gli HR intervistati sono impegnati in programmi di trasformazione, con tre obiettivi principali: trasformare il modello operativo per essere più agili, accelerare i programmi e le policy focalizzate su nuovi modelli lavorativi e garantire che le Risorse Umane abbiamo un ruolo attivo ai tavoli decisionali.
Entrando più nello specifico, la ricerca evidenzia che le aziende che sono state in grado di attrarre nuovi talenti e impedire che preziose risorse passino ai concorrenti sono quelle che meglio hanno saputo evolversi. Sono le cosiddette “Relatable”, cioè sostenibili e che puntano soprattutto all’affermazione di una propria identità solida e alla definizione precisa della propria mission: tutti elementi che devono essere riconosciuti e ben identificati dai dipendenti. Le aziende che rientrano nella categoria “Relatable” hanno in comune cinque fattori:
1- sono costantemente orientate alla ricerca di rilevanza
2- cercano nuovi modi di lavorare in partnership dentro la propria organizzazione
3- garantiscono un programma di Total Wellbeing misurabile nel tempo
4- continuano a evolversi per rimanere attrattivi per i propri dipendenti e per i nuovi talenti
5- sanno accrescere l’energia collettiva delle sue persone e convogliarla in uno sforzo comune per guidare il cambiamento.
Queste aziende puntano molto nello sviluppo del welfare aziendale, in particolare nelle sfere dell’assistenza e dell’inclusione. Secondo il report, le aziende italiane spiccano tra quelle che meglio pongono al centro i programmi di total wellbeing, con l’obiettivo di attrarre e trattenere le persone, oltre ad aumentare l’engagement interno. La quasi totalità delle aziende intervistate (97%) sta lavorando per potenziare questo ambito. L’82% dichiara di essere in grado di fornire uno standard minimo di copertura sanitaria a tutti i dipendenti in ogni sede, il 42% pensa di estendere la copertura sanitaria a una più ampia fetta di popolazione aziendale, mentre l’85% dichiara di fornire già supporto ai propri dipendenti in merito alla salute mentale.
La maggior parte delle aziende italiane inoltre (88%) afferma di non considerare i propri piani di welfare come mero strumento di marketing, ma di inquadrarli all’interno della propria strategia aziendale, per coerenza e identità.
Rimangono però alcuni punti deboli, come il rapporto con i collaboratori: in termini di flessibilità, il 74% degli intervistati dichiara di offrire opzioni di lavoro flessibile, ma il 76% non prevede di garantire assicurazioni ai lavoratori non dipendenti. Manca l’attenzione a nuove proposte di copertura sanitaria: solo il 18% investe in nuove categorie di copertura rischi. Anche l’assistenza virtuale in relazione al benessere psicologico non appare prioritario per gli HR italiani: meno di un terzo (28%) attualmente offre accesso on-demand all’assistenza in merito alla salute mentale.
C’è poi il problema della formazione: il 38% ha dichiarato di non prevedere azioni che garantiscano che la forza lavoro abbia skill che siano congruenti con quanto richiesto dal mercato, e meno della metà (47%) intende offrire l’accesso a opportunità di upskilling e reskilling a tutti i lavoratori.
Infine, pur dichiarando di aver avviato investimenti per soddisfare i bisogni attuali e futuri di competenze, solo l’8% delle aziende italiane intervistate ha investito in piattaforme di Intelligenza artificiale di analisi e generazione di Insights.
Per cercare di porre un rimedio a queste lacune, evidenzia lo studio, le aziende intervistate a livello globale puntano alla creazione di partnership che le supportino nel raggiungimento degli obiettivi aziendali in tema di welfare e di promozione della cultura dell’inclusione e del benessere: la quasi totalità delle aziende intervistate (87%) ha infatti intrapreso iniziative per aumentare le partnership interne nell’ultimo anno. Una parte di queste iniziative ha comportato la creazione di percorsi di formazione per i manager (51%), la definizione di linee guida per una collaborazione efficace (33%) e progetti che definiscano modelli di motivazione in azienda (31%).
“Siamo in una fase che offre grandi opportunità per fare tesoro degli strumenti adottati durante la pandemia per lo sviluppo di un modello empatico dell’organizzazione: oggi possiamo modellare una nuova alleanza con i lavoratori basata su sostenibilità, resilienza e capacità adattiva” ha dichiarato Marco Valerio Morelli, Amministratore Delegato di Mercer Italia. “Le organizzazioni più innovative stanno ridefinendo il rapporto con i propri dipendenti, sia assumendo un ruolo decisivo per il benessere della società, sia garantendo sostenibilità e produttività per la propria organizzazione”.
Guardando all’Italia, Morelli aggiunge: “Per garantire un ambiente di lavoro equo e giusto occorre che le aziende italiane si ripensino completamente in ottica di rilevanza. Concretamente questo significa incorporare pratiche e processi di equità in ogni processo e in ogni funzione così da rendere l’obiettivo una scelta aziendale di tutti e non solo una ‘aggiunta di marketing’”.