Benessere, produttività e sostenibilità (misurata) dello Smart working
Stantec ha iniziato a sperimentare il lavoro agile già nel 2008. E negli anni ha creato una struttura di supporto al nuovo modo di lavorare: dalla Culture Manager all’Osservatorio interno per monitorare i vantaggi.
La sede italiana di Stantec, società di consulenza e progettazione ingegneristica e architettonica, ha iniziato a introdurre lo Smart working in modo sperimentale nel 2008, permettendo di lavorare da casa un giorno al mese a chi aveva figli piccoli oppure abitava molto lontano dall’ufficio. Il progetto è stato esteso gradualmente.
“Oggi è disponibile per tutti i dipendenti, nessuno escluso, posto che si attui in armonia e sinergia con il proprio gruppo di lavoro”, spiega a Tuttowelfare.info Gloria De Masi Gervais, Communications Manager di Stantec.
Ogni dipendente ha la possibilità di lavorare fino a tre giorni a settimana in Smart working e può decidere di usufruirne quando più ciò si concilia con le sue esigenze lavorative e personali. In casi di necessità, può lavorare in modo agile anche per più giorni a settimana. “Negli ultimi 18 mesi, nei mesi di ‘picco’ di richieste di Smart working, il 60% dei 150 dipendenti in Italia ha richiesto almeno un giorno al mese. Nei mesi di minore richiesta, invece, siamo arrivati al 38%”.
La maggiore intensità di richieste, però, arriva soprattutto da parte dei cosiddetti “top smart worker”, che tendono a lavorare in modo agile anche tre giorni a settimana. “Nel 2019 i due maggiori top smart worker hanno lavorato rispettivamente 158 e 110 giornate in maniera agile”.
L’obiettivo dell’azienda nell’implementare questo progetto era, in primis, quello di aumentare il tasso di retention. “Stantec è sempre stata una società molto attenta alle persone e molto aperta a soddisfare le esigenze di conciliazione vita-lavoro. Siamo sempre stati consapevoli, infatti, di come questo tipo di politiche aiuti a migliorare il benessere e la produttività dei collaboratori”.
Inoltre, il tipo di lavoro che viene svolto dai dipendenti – consulenza e progetti – ha il vantaggio di poter essere svolto da qualsiasi ubicazione e di essere misurato su obiettivi e risultati, non sul numero di ore di presenza in ufficio. “A ciò si aggiunge una cultura moderna e innovativa, aperta al cambiamento e basata sulla fiducia reciproca che ci ha indirizzato naturalmente verso questa modalità lavorativa”.
Una Culture Manager per gestire il cambiamento
Nonostante un’età media di 35 anni nella popolazione aziendale, il progetto ha incontrato la resistenza culturale di alcuni dipendenti. Nel 2018 è stata nominata una Culture Manager, Silvia Maestri, con il compito di condurre il cambiamento culturale dei dipendenti verso questa modalità di lavoro. La principale difficoltà incontrata nell’implementazione del progetto di Smart working, infatti, è stata quella di gestire il cambiamento.
“Il cambiamento come tale, talvolta spaventa, va spiegato, guidato e con pazienza accompagnato, non imposto”. In particolare, le persone temevano di non poter lavorare bene fuori dall’ufficio anche se supportati da un’efficiente tecnologia. Percepivano un senso di isolamento nel lavorare da remoto rispetto all’ufficio che è anche una sede di aggregazione. Alcune risorse junior erano abituate a essere misurate in base alla presenza in ufficio. E infine non si conoscevano i luoghi alternativi alla casa per praticare lo Smart working, come i coworking e altri luoghi pubblici.
La Culture Manager ha organizzato iniziative di coinvolgimento e raccolta feedback tra i dipendenti per recepire al meglio le loro istanze e rendere il progetto sempre più a misura di collaboratore. I feedback dei dipendenti sono stati ampliamente positivi: maggior benessere dato dal bilanciamento casa-lavoro; maggior produttività e maggiore motivazione nel perseguire gli obiettivi; sentirsi valorizzati come persone, maggiore è la fiducia accordata dai vertici; diventare più proattivi e acquisire maggiore autonomia; e guadagno di tempo prodotto dallo Smart working che viene spesso e spontaneamente rinvestito in ore lavorative.
Il feedback non è stato raccolto solo dai dipendenti, ma sono stati coinvolti anche i vertici, che hanno riconosciuto il merito del successo del progetto al lavoro dell’Amministratore Delegato. “Abbiamo un’AD donna, Emanuela Sturniolo, intelligente, aperta, lungimirante e attenta alla risorsa più preziosa: le persone. Questo ha favorito il cambiamento lavorativo perché da subito ne è stata un esempio. Lo ha accordato a tutti, innescando un meccanismo virtuoso di maggior coinvolgimento aziendale. Ed è stato, inoltre, un mezzo per trattenere risorse e attrarre nuovi talenti e poter risparmiare su costi aziendali, quali l’affitto per esempio”.
Un Osservatorio per definire le regole del lavoro agile
Nel 2017 il programma di lavoro agile è stato potenziato e l’azienda si è dotata anche di un Osservatorio interno sullo Smart working, un gruppo di lavoro multidisciplinare composto dai rappresentanti delle funzioni: HR, Comunicazione, Culture Manager, IT, Sostenibilità e Project management.
Il compito di questo organo è di ascoltare e valorizzare ogni spunto di miglioramento e di analizzare le criticità specifiche. “Il motivo per cui è stato creato un osservatorio interno è molto semplice: abbiamo voluto una palestra in cui è stato possibile allenarsi valutando i punti di forza e di criticità”.
L’Osservatorio ha permesso di redigere un Regolamento aziendale interno che indica le fasce orarie entro cui è possibile lavorare in modalità ‘smart’: tra le 7 e le 21, ma almeno il 50% del tempo tra le 8.30 e le 18.30. “Nel 2019 i dipendenti interessati hanno anche firmato un contratto che recepisce il regolamento relativo allo Smart working”.
Questo gruppo di lavoro, infine, ha reso possibile la messa a punto di un sistema per misurare il risparmio prodotto dallo Smart working in termini di denaro, tempo ed emissioni inquinanti, valutando la sicurezza dei lavoratori. Lo strumento informatico Smafely, ideato da Cecilia Razzetti, Senior Project Manager, e da Antonello Cuomo, IT Manager, permette all’azienda di tenere traccia delle richieste di giorni di Smart working da parte dei dipendenti, insieme con informazioni relative all’ergonomia e alla dotazione tecnologica della loro ubicazione e ai risparmi in termini di emissioni inquinanti, denaro e tempo ottenuti con il mancato spostamento casa-lavoro.
Misurare i benefici del lavoro da remoto
Grazie a Smafely, lo strumento informatico ideato e realizzato internamente da Stantec, l’azienda ha potuto misurare i risparmi ottenuti in 18 mesi di Smart working: 25 tonnellate di anidride carbonica, pari all’assorbimento annuo di cinque ettari di bosco; 29mila euro risparmiati dai dipendenti; 180mila chilometri di mancati spostamenti casa-lavoro, pari a 4,5 volte il giro della Terra; e 5.150 ore di tempo risparmiato, che corrisponderebbero a circa 644 giorni di ferie.
“I nostri risultati in termini di benefici dello Smart working ci hanno fatto intuire le potenzialità di questo strumento, che potrebbe essere utile a molte aziende per la misurazione di dati di rilevanza economica, ambientale e gestionale”.
Per questo motivo, Stantec ha deciso, nell’ambito di un progetto di R&D, di sviluppare il prodotto Smafely in una versione per il mercato. “Stantec non è una software house, sebbene ci fossero competenze per lo sviluppo interno, questo non è il nostro core business. Abbiamo quindi cercato un partner con esperienza, che potesse dedicarsi a questo progetto con tutte le risorse necessarie e lo abbiamo identificato in Dilium”.
Grazie alla partnership con la startup innovativa, è stata recentemente realizzata una versione web del software Smafely da mettere sul mercato e che potrà essere utilizzata anche da altre aziende.
Smafely è un software basato su un algoritmo che calcola la massa di sette composti (N2O, NOx, CO, CO2, COV, PM2.5 e PM10) da considerare come fattori di inquinamento evitato indirettamente mediante una giornata di lavoro agile, per esempio non percorrendo il tratto casa-lavoro, assieme ai fattori personali e aziendali di risparmio economico, di tempo e di distanza non percorsa.