Un passo verso il nuovo welfare nella Pubblica amministrazione
Il recente Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale individua la flessibilità organizzativa della Pubblica amministrazione come obiettivo fondamentale di un processo di rinnovamento
Flessibilità organizzativa, competenze digitali, inclusione e formazione continua sono concetti che raramente vengono associati alla Pubblica amministrazione. Ma il recente Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale si basa su questi pilastri per riformarla. “Il buon funzionamento del settore pubblico è al centro del buon funzionamento della società. Se il primo funziona, funziona anche la seconda”, ha dichiarato il Presidente del Consiglio Mario Draghi nel giorno della firma del patto. L’accordo, siglato il 10 marzo 2021 a Palazzo Chigi tra il Governo e i sindacati Cgil, Cisl e Uil ha inaugurato, come spiegato dal Ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, una “nuova stagione di relazioni sindacali, fondata sul confronto con le organizzazioni”.
Il Patto, quindi, individua la flessibilità organizzativa della Pa e l’incremento della loro rapidità di azione come obiettivi fondamentali di un processo di rinnovamento che le parti si impegnano a perseguire, con particolare riferimento a tre dimensioni: il lavoro, l’organizzazione e la tecnologia. Nel documento è stabilito che nei futuri contratti collettivi nazionali deve essere definita una disciplina normativa ed economica che garantisca condizioni di lavoro trasparenti, favorisca la produttività e l’orientamento ai risultati conciliando le esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici con le esigenze organizzative del settore pubblico.
Nell’ambito dei nuovi contratti collettivi, inoltre, si prevede di adeguare i sistemi di partecipazione sindacale valorizzando gli strumenti di partecipazione organizzativa e il ruolo della contrattazione integrativa. Le parti concordano sulla necessità di implementare gli istituti di welfare contrattuale, con riferimento al sostegno alla genitorialità e all’estensione al pubblico impiego di agevolazioni fiscali già riconosciute al settore privato, per esempio relative alla previdenza complementare e ai sistemi di premialità diretti al miglioramento dei servizi.
Ricambio generazionale e formazione continua per le nuove competenze
L’individuazione di una disciplina del lavoro agile (o Smart working) per via contrattuale è un elemento portante della strategia alla base del nuovo patto. Da quanto si apprende dalla nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri è previsto che su questa tematica “saranno disciplinati aspetti di tutela dei diritti sindacali, delle relazioni sindacali e del rapporto di lavoro quali il diritto alla disconnessione, le fasce di reperibilità, il diritto alla formazione specifica, la protezione dei dati personali, il regime dei permessi e delle assenze”.
Con la firma del Patto, il Governo si è anche impegnato a emanare all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) gli atti di indirizzo di propria competenza per il riavvio della stagione contrattuale. I rinnovi contrattuali relativi al triennio 2019-21 interessano infatti oltre 3 milioni di dipendenti pubblici e vedono confluire l’elemento perequativo delle retribuzioni all’interno della retribuzione fondamentale. Gli aumenti medi sono di 107 euro, come stabilito già da Fabiana Dadone, predecessore di Brunetta.
Attraverso questi contratti si procederà alla successiva rivisitazione degli ordinamenti professionali del personale, ricorrendo a risorse aggiuntive con la legge di bilancio per il 2022 e adeguando la disciplina contrattuale ai fabbisogni di nuove professionalità e competenze. “È necessario valorizzare le professionalità non dirigenziali dotate di competenze specialistiche ed estendere i sistemi di riconoscimento delle competenze acquisite negli anni, anche tramite opportune modifiche legislative”, è indicato nel documento.
Il Governo si impegna poi a definire politiche formative di ampio respiro, con particolare riferimento al miglioramento delle competenze digitali e di specifiche competenze avanzate di carattere professionale. “Formazione e riqualificazione assumono il rango di investimento strategico e non sono più considerati come voce di costo”, si legge nella nota. In questa ottica, il Patto afferma che ogni pubblico dipendente deve essere titolare di un diritto-dovere soggettivo alla formazione continua, al fine di essere realmente protagonista del cambiamento, e che la Pa deve utilizzare percorsi formativi di eccellenza, adatti alle persone e certificati.
Il Ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha anticipato la sfida alla quale sta lavorando Brunetta per “l’immissione in tempi brevi” di giovani nella Pa, in modo da avere le competenze necessarie per gestire i nuovi progetti. Per favorire il ricambio generazionale è allo studio, infatti, un meccanismo volontario di incentivi all’esodo di persone vicine all’età pensionabile e con professionalità non adeguate a cogliere la sfida dell’innovazione tecnologica, o non più motivate a rimanere nel settore pubblico. Si tratterebbe di un esodo che potrebbe anticipare fino a cinque anni dalla pensione di vecchiaia.