4 ostacoli sulla strada del welfare nella PA
La nuova finanziaria ha esteso al settore pubblico la possibilità di introdurre alcune forme di welfare aziendale per i dipendenti. Numerose le difficoltà da superare a partire da quella dei fondi necessari. Ma qualcosa si può fare. Come insegna la Regione Lazio.
L’ora zero, per le pubbliche amministrazioni, è scattata lo scorso 21 maggio. Con la nuova finanziaria è infatti stata estesa anche al settore pubblico la possibilità di introdurre alcune forme di welfare aziendale per i dipendenti. Una soluzione finora accolta quasi esclusivamente solo in ambito privato. L’articolo 72 del rinnovato contratto nazionale di lavoro Funzioni locali prevede infatti che “ le Amministrazioni possono attivare una serie di iniziative di welfare integrativo in favore del personale dipendente”. Ma attivare misure di welfare aziendale nelle pubbliche amministrazioni è decisamente diverso rispetto alla situazione che si crea in ambito privato, visto che il Pubblico ha vincoli normativi stringenti, oltre che minori risorse economiche a disposizione e limiti culturali molto profondi da superare. Insomma gli ostacoli non mancano come spiega bene Alessandro Bacci direttore della direzione regionale Affari istituzionali, personale e sistemi informativi della Regione Lazio, dove già nel 2017 sono state previste specifiche iniziative di welfare in sede di contrattazione decentrata e con apposita legge regionale. «La novità prevista dalla Finanziaria è sicuramente praticabile ed è un’importante opportunità nella gestione del rapporto di lavoro con il dipendente pubblico. Ma esistono numerose criticità», spiega Bacci. «Occorre innanzi tutto affrontare un cambiamento culturale, soprattutto da parte della dirigenza pubblica. Il cosiddetto change management è il presupposto per l’adozione di nuove politiche in materia di gestione del personale come quelle che riguardano la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. A ciò si aggiungono poi le criticità connesse a vincoli normativi stringenti. Non è ancora stato chiarito come conciliare le disposizioni in materia di lavoro agile con la vigente normativa sui furbetti del cartellino».
I vincoli di spesa pubblica frenano
A ciò vanno aggiunte le problematiche legate all’estensione delle disposizioni in materia di sicurezza, come la disciplina degli infortuni in itinere se si parla di smart working. Senza dimenticare le disposizioni in materia di contenimento delle spese di personale, in quanto eventuali oneri finanziari appositamente dedicati scontano comunque il rispetto dei vincoli di spesa pubblica in materia», precisa Bacci. Insomma, le risorse per mettere in atto un piano integrato di welfare sono ancora molto relative: «Si tratta di fondi appositamente stanziati che gravano sui capitoli di bilancio regionale ma anche fondi comunitari per la sperimentazione del telelavoro e l’implementazione del lavoro agile», aggiunge il dirigente.
Le soluzioni pratiche non mancano
Da qui sono partiti i progetti della Regione Lazio che per il 2018 e 2019 ha stanziato – con la legge regionale n. 9/2017 – un milione 700 mila euro per attivare un’assistenza sanitaria integrativa. Altri 211 mila euro sono stati messi a disposizione, nello stesso periodo di tempo, per l’adozione di iniziative per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Soluzioni che al momento interessano circa 4 mila dipendenti.
Numerosi i progetti fin qui realizzati. «In materia di prevenzione della salute sui luoghi di lavoro abbiamo attivato uno sportello di ascolto per il disagio lavorativo, screening di prevenzione oncologica, policy per il contrasto al consumo di alcol e per i corretti stili di vita alimentari», Racconta Bacci. «In materia di conciliazione tempi di vita e di lavoro possiamo contare su telelavoro, iniziative di supporto alla genitorialità (benefici per la frequenza di asili nido, scuole dell’infanzia e centri estivi), interventi in materia di mobilità sostenibile». Ora la Regione Lazio è al lavoro per attivare una forma di assistenza sanitaria integrativa, iniziative di smart working e spazi di co-working. Tutto questo a dispetto di limiti burocratici ed economici. «Abbiamo cercato di intercettare fondi comunitari», prosegue Bacci. «Le difficoltà normative sono state superate con apposita legge regionale e ora il nuovo Contratto nazionale Funzioni locali è intervenuto con una specifica disciplina».
Le amministrazioni del territorio devono fare rete
Risultati raggiunti anche grazie a una rete di collaborazioni: «Per esempio siamo riusciti a condividere le iniziative con le organizzazioni sindacali in un percorso di collaborazione che ha avvicinato il dipendente a un datore di lavoro che mostra attenzione alla prevenzione della salute e alle esigenze di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro». Fondamentale è stata anche la collaborazione di altri soggetti pubblici. «Abbiamo cercato di coinvolgere l’Azienda sanitaria locale presente sul territorio che ha collaborato per l’avvio di iniziative a titolo gratuito in regime di convenzione quali lo Sportello di ascolto per il disagio lavorativo e il supporto alle policy in materia di prevenzione al consumo di alcol e corretti stili di vita alimentari», dice ancora Bacci. «Collaborazione l’abbiamo avuta anche dall’Azienda di trasporto pubblico locale con la quale è stato attivato un progetto per l’acquisto di abbonamenti a condizioni agevolate». Adesso però tocca allo Stato dare ulteriori risposte. «Chiediamo che sia messo a punto un ruolo di coordinamento per creare una sorta di community tra amministrazioni presenti sul territorio, in modo che possano far rete e condividere iniziative», propone il dirigente. «Inoltre sarebbe opportuno un intervento normativo che preveda la possibilità di poter attivare progetti di welfare aziendale anche mediante risorse di bilancio dedicate, in deroga ai vigenti vincoli in materia di spesa di personale». Interventi fondamentali per poter andare avanti in questa direzione. «I nostri prossimi obiettivi sono attivare il lavoro agile e monitorare gli impatti in termini di assenteismo e mobilità sostenibile», conclude Bacci. Un modo per motivare maggiormente i dipendenti pubblici, aumentare il loro senso di appartenenza all’Amministrazione e avere vantaggi in termini di produttività.