Flessibilità in uscita e previdenza complementare: la soluzione Rita
La Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) è la soluzione prevista dai fondi pensione per consentire l’uscita dal mondo del lavoro e l’accesso al capitale accumulato prima dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia.
Una delle esigenze più sentite da lavoratori e imprese è quella di potere beneficiare di soluzioni di flessibilità in uscita in ambito previdenziale. Il lavoratore è alla ricerca di una via che possa attenuare la rigidità in termini di età pensionabile introdotta dalle riforme post crisi del 2011, per recuperare in qualità della vita o in termini di possibilità di supportare meglio la propria rete di protezione familiare (si pensi al sempre più importante ruolo di welfare familiare dei nonni o ai caregivers), pur nella consapevolezza necessaria che uscire prima dal mercato del lavoro nel regime contributivo corrisponde a percepire una pensione più bassa.
Spostandosi sul versante aziendale, una exit strategy previdenziale consente di favorire processi di turnover spesso utili per adeguarsi all’evoluzione tecnologica con la immissione in organico di nativi digitali. Se ne sta discutendo sul tavolo di confronto Governo-Sindacati, avviato a gennaio scorso, che tra i tanti temi sul tappeto sta affrontando anche quello di trovare un canale di pensionamento anticipato che sostituisca strutturalmente Quota 100.
Al di là della previdenza obbligatoria, i fondi pensione già prevedono la Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita), nuova prestazione che si pone come soluzione di flessibilità in uscita, sia in virtù del meccanismo di funzionamento sia soprattutto per i notevoli benefici fiscali. Introdotta dalla Legge di Bilancio 2017 inizialmente in stretto collegamento con l’Ape volontaria – una sorta di prestito previdenziale – è stata poi resa soluzione stand alone dalla successiva manovra finanziaria. La finalità è quella di consentire all’iscritto ai fondi pensione di accedere al capitale accumulato con anticipo rispetto all’età necessaria per la pensione di vecchiaia. Un ulteriore buon motivo per dotare il piano di welfare aziendale di una forma pensionistica.
Chi può accedere alla Rita
Possono accedervi i lavoratori iscritti a un fondo pensione che abbiano cessato l’attività lavorativa e a cui manchino non più di 5 anni all’età prevista per la pensione di vecchiaia, purché siano in possesso di un requisito contributivo di almeno 20 anni nei regimi obbligatori di appartenenza, e i lavoratori disoccupati da più di 24 mesi, cui manchino non più di 10 anni all’età prevista per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza. In entrambi i casi è poi necessario avere il requisito di 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare.
È un’opportunità anche per chi ha avuto accesso alla pensione anticipata nel sistema di base, quando mancano non più di 5 anni all’età prevista per la pensione di vecchiaia. Ulteriore casistica è rappresentata dai lavoratori che accedono all’esodo incentivato, all’isopensione o al fondo esuberi, se la cessazione dell’attività si colloca in un arco temporale antecedente di non oltre 5 anni la maturazione dell’età per la pensione di vecchiaia.
Come funziona
In estrema sintesi, si configura come una sorta di riscatto frazionato: si attinge, cioè, in modo anticipato, in tutto o in parte, al proprio montante accumulato con il pagamento di una vera e propria rendita finanziaria che traghetta il percettore della Rita fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia.
Per quel che riguarda la periodicità di pagamento, la normativa demanda al singolo fondo pensione la relativa definizione, con periodicità non superiore comunque ai 3 mesi, anche attraverso l’eventuale indicazione di più opzioni alternative che possano rispondere alle diverse esigenze degli iscritti. La parte residua del proprio “tesoretto” previdenziale continua a essere investita, salva diversa indicazione dell’iscritto, nel comparto più prudente in maniera tale che le rate da erogare verranno ricalcolate tempo per tempo e terranno quindi conto dell’incremento o della diminuzione del montante derivante dalla gestione dello stesso.
Il trattamento fiscale
La Rita gode del trattamento fiscale agevolato riservato alle prestazioni e non a quello che sarebbe previsto per i riscatti. Subisce un prelievo fiscale consistente in una ritenuta a titolo d’imposta (senza ulteriore applicazione di addizionali reginali o comunali) con l’aliquota del 15%, con una riduzione dello 0,3% per ogni anno eccedente il 15esimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione del 6%. In ogni caso, per l’assicurato che richieda la Rita c’è la possibilità di optare per l’applicazione integrale della tassazione ordinaria attraverso la propria dichiarazione dei redditi.
* Lorenzo Giuli è un esperto di previdenza complementare